Marina Mottin

Marina Mottin

Membro della giuria 2022

Marina Mottin ha sviluppato la sua competenza specifica in materia di arte e cultura in qualità di co-direttrice artistica, responsabile del dipartimento cinema e membro del comitato di selezione di vari festival internazionali, specializzandosi nelle cinematografie dell’Africa, dell’America Latina e dell’Asia. È stata program advisor alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, con cui ha collaborato dal 1987 al 2007 con varie mansioni, tra cui consulente per i film dell’Africa e del Medio Oriente tra il 2006 e il 2007.

Ha curato diverse mostre e retrospettive, contribuendo alla riscoperta e al riconoscimento internazionale di autori, artisti, cineasti dimenticati o non convenzionali. Ogni retrospettiva ha significato una ricerca attiva di copie perdute e ha portato spesso al restauro delle stesse.

Il lavoro di Marina ha comportato il coordinamento con archivi cinematografici, collezionisti privati e studiosi per assicurarsi le copie rare e spesso uniche richieste dai programmi. Tra questi emergono il ritrovamento della copia di The Dislocation of Amber (1975), film del regista e artista visivo sudanese Hussein Shariffe, girato tra le rovine di quello che fu il porto fiorente di Suakin o la riscoperta del film lirico sulla distruzione del quartiere District Six di Cape Town Dear Grand Father, Your Left Foot Is Missing (1985) del Sudafricano Ahmed Yunus.

Nel 2004 in occasione del Festival International de Films de Fribourg ha curato la retrospettiva Cinemas d’Asie centrale e la mostra fotografica L’Ouzbékistan de Max Penson, 1926 – 1948, dopo aver selezionato i materiali presso archivi di stato e privati della regione.

In occasione di 1000 Occhi, il Festival internazionale del cinema e delle arti di Trieste, ha curato il Premio Anno Uno, dedicato all’attrice sperimentale brasiliana Helena Ignez, dopo aver realizzato nel 2006 la La femme du bandit – Hommage à Helena Ignez, prima retrospettiva di tutti i suoi film presso il festival di Fribourg. Questa retrospettiva permetterà negli anni successivi e fino a oggi di far tornare sugli schermi un periodo del cinema brasiliano completamente ignorato e di svelare il percorso sorprendente di una delle più importanti attrici mondiali.

Marina Mottin ha curato anche mostre di arte, tra cui Aquarium, un’installazione sonora monumentale nata dalla collaborazione tra l’artista dissidente sovietico Vladimir Shabalin e la musicista Diamanda Galás, realizzata a Basilea nel 2011 e ispirata ai milioni di barili di petrolio scaricati nel Golfo del Messico dopo l’incidente sulla piattaforma petrolifera BP, e composta da tre enormi lastre di pietra con oltre cento pesci fossili che “nuotano” su di esse.

Nel 2013, ha curato la mostra Through the Horizon, in ricordo dell’amica e artista svizzera Leta Peer nella cripta della Leonhardskirche, in cui ha cercato di rendere evidente la tensione creata dal concetto di orizzonte, di confine tra cielo e terra, visibile ma mai raggiungibile.

Dal 2011 è la responsabile delle relazioni VIP Europa e rappresentante dei Paesi Africani ad Art Basel, incaricata dei collezionisti d’arte dei due continenti.

 

Selezionato da Marina Mottin:

O Pátio (1959)
Regia: Glauber Rocha
Brazil, 11′
Si tratta del primo film di Glauber, un cortometraggio di 11 minuti girato a Bahia. Su una terrazza piastrellata a forma di scacchi, un ragazzo e una ragazza. Questi due personaggi si evolvono lentamente: si toccano, si rotolano per terra, si allontanano, si guardano. Bellissime inquadrature di mani e volti si alternano a riprese di vegetazione tropicale e del mare. Già in questo primo film possiamo discernere alcuni tratti specifici del cineasta: forte presenza della natura, trattamento dello spazio e dell’inquadratura. Le inquadrature esplorano il grafismo dello schema degli scacchi e c’è una musica dissonante di Pierre Henry e Pierre Shaeffer.

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