Il mondo di PATRICE LECONTE


Ph: Claire Garate

Alternandosi tra le attività di regista, fumettista e sceneggiatore, Patrice Leconte sa meravigliare lo spettatore per il perfetto connubio tra minuzia nei particolari e la leggerezza narrativa delle sue opere. Oggi uno dei principali esponenti del cinema d’autore francese, Leconte ha saputo plasmare nella sua carriera sul grande schermo personaggi iconici dotati di un’atipica vividezza.

Dopo la collaborazione con la rivista Cahiers du cinéma, prima dirige alcune brevi commedie, per poi dedicarsi al lungometraggio. A Tours si innamora del cinema frequentando un Festival di cortometraggi e, a vent’anni, si sposta a Parigi dove studia all’Institut des hautes études cinématographiques. Dichiara di avere tra le sue fonti d’ispirazione Fellini, Olmi e Antonioni, riconoscendo una certa nostalgia per le vecchie commedie all’italiana. Nel 1977, dopo aver dubitato delle proprie capacità da regista ed essersi lanciato nel mondo della pubblicità, raggiunge il successo del grande pubblico con la commedia Le bronzès, avviando la lunga collaborazione con la compagnia d’attori Le Splendid.

Seguono Tandem (1987) e Ridicule (1996), con cui si aggiudica il premio Cèsar per il miglior film e miglior regista e la candidatura ai Premi Oscar. Di più largo respiro è la trilogia di Bronzès, acclamata da pubblico e critica e annoverata tra i migliori film francesi di sempre. Il 1999 è l’anno di La ragazza sul ponte, in cui Leconte analizza, con un delicato bianco e nero, il rapporto enigmatico tra un lanciatore di coltelli e il suo “bersaglio”, impersonato da Vanessa Paradis. Unica nella produzione di Leconte è la capacità di rimanere in perfetto equilibrio tra la commedia e il dramma, toccando con leggerezza i problemi della vita quotidiana, senza mai abbandonare la sua peculiare vena ironica.

Nel 2002 il suo film L’uomo del treno viene favorevolmente accolto al 59° Mostra Internazionale  del cinema di Venezia, dove si aggiudica il premio del pubblico; nel 2012 esce nelle sale la sua prima opera d’animazione La bottega dei suicidi, presentato al Festival di Cannes dello stesso anno. In quest’ultima opera Leconte mostra un innovativo uso della tecnica dell’animazione, nascondendo in quel linguaggio, considerato spesso erroneamente leggero, una sapiente ironia nell’affrontare la tematica del suicidio e della società contemporanea.

Il suo ultimo film è Une heure de tranquillitè (2014), commedia in cui Michel, interpretato da Christan Clavier, prova in tutti i modi a ritagliarsi un attimo libero per ascoltare un raro vinile trovato per caso in un mercatino, fallendo miseramente.

Come nel titolo della sua autobiografia del 2009, Patrice Leconte si definisce un “pessimista sorridente”, e in un’intervista consiglia ai giovani aspiranti cineasti di frequentare il cinema con passione e attenzione, sia per comprenderne i lati tecnici sia affinché possano sempre chiedersi in cosa consista pela propria attività da registi. Citando il nostro autore: “La cosa più importante è chiedersi ogni mattina qual è il motivo per cui si vuole fare questo mestiere. Se la risposta è ‘Perché è fico fare cinema’, allora non è quella giusta. Per esempio, alla stessa domanda Wim Wenders rispose a Cannes: ‘Per rendere il mondo un posto migliore’; a me sembrò presuntuoso, ma ero stupido, perché non intendeva che rende migliore il mondo, ma che cerca di rendervelo.”

 

Selezione di film presentati:

Il marito della parrucchiera – The Hairdresser’s husband (Le mari de la coiffeuse, 1990)
Antoine (Jean Rochefort) sviluppa un’ossessione per una parrucchiera (Anna Galiena) durante l’adolescenza. Quando riesce a conquistarla e, successivamente, a sposarla, l’attrazione erotica tra i due diventerà totalizzante e i rapporti amorosi al limite dell’estremo, mostrando la reale fragilità dei protagonisti. Tra i primi successi del regista, gli varrà ben 7 candidature ai premi César.

Ridicule (Ridicule, 1996)
Siamo nella Reggia di Versailles e il Marchese de Malovoy (Charles Berling) si fa strada nella vita di corte intrattenendo gli ospiti con piccoli spettacoli. Il suo intento inziale, ovvero chiedere al re i mezzi per drenare delle paludi che causano malattie ai suoi contadini, velocemente passa in secondo piano rispetto all’affascinante vita di palazzo e all’amore per Mathilde (Judith Godrèche). Durante un ballo, il marchese viene fatto cadere e decide di lasciare la corte dopo aver pronunciato un discorso denunciando la “ridicolezza” della vita delle persone che gli sono intorno. Il film è valso al regista la candidatura come “miglior film straniero” ai premi Oscar e ben quattro statuette ai Premi Cèsar. È tutt’ora annoverato tra i miglior film francesi di sempre da diverse riviste.

La ragazza sul ponte – Girl on a bridge (Le fille sur le pont, 1999)
Il film segue le rocambolesche avventure di Adèle (Vanessa Paradis), divenuta il “bersaglio” del lanciatore di coltelli Gabor (Daniel Auteuil), conosciuto sul ponte da cui stava per gettarsi per tentare il suicidio. Il rapporto che si instaura tra i due è controverso e passionale, spesso distruttivo, fino a spingere Adèle a scappare con un uomo conosciuto sulla nave da crociera e Gabor a cambiare assistente. Tra fughe e apparizioni, il film è completato da un delicato bianco e nero e una colonna sonora rivelatrice.

L’amore che non muore – The window of Saint-Pierre (Le Veuve de Saint-Pierre, 2000)
È il 1849 e due marinai stanno per essere ghigliottinati per aver disertato. Dopo la morte di uno dei due, Ariel (Emir Kusturica) passa sotto la protezione del capitano Jean (Daniel Auteuil) e di sua moglie Madame La (Juliette Binoche). In attesa dell’arrivo sull’isola della macchina letale passa molto tempo in cui Ariel mostra tutte le sue qualità all’interno della vita del villaggio, creando un legame atipico con la moglie del capitano.

L’uomo del treno – The man on the train (L’homme du train, 2002)
Milan (Johnny Hallyday) incontra un professore (Jean Rochefort) appena sceso dal treno del paesino di Annoyai. Trai due si instaura un rapporto di stima profonda, fino quando il più anziano scopre gli intenti criminali del giovane. La cosa determina nell’animo del professore una strana sensazione di fascino per la spericolata vita di Milan. Il film è stato acclamato da pubblico e critica, rappresentando uno dei maggiori successi commerciali francesi dell’anno di uscita.

La bottega dei suicidi – The suicide shop (Le magasin des suicides, 2012)
Primo film d’animazione del regista, racconta un futuro distopico in cui il genere umano ha perso ogni forma di gioia di vivere e uno dei negozi più fortunati è quello che vende strumenti di suicidio. Tutto fila liscio per la famiglia Tuvache, proprietari della “bottega dei suicidi”, fino alla nascita del terzogenito Alan (Kacey Mottet Klein) che, con la sua coinvolgente allegria, rischia di far cadere in disgrazia la grottesca attività commerciale del padre Mishima (Bernard Alane).

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