Programma Speciale a cura di Cecilia Cossio
Nel 2015, quinta edizione dello Short, avevamo dedicato il programma speciale “indiano” al Film & Television Institute of India, la famosa scuola di cinema di Pune, e ad alcuni tra i suoi più affermati alumni. Quest’anno allora è giusto dedicare lo speciale anche a un ‘figlio’ del Satyajit Ray Film & Television Institute (SRFTI), scuola altrettanto prestigiosa di Calcutta (Kolkata), fondata dal governo indiano nel 1995. Qui, nel 2000, in tecnica del suono, si è diplomato Ashish Pandey, nato a Kanpur (Uttar Pradesh), poi vissuto a Nagpur (Maharashtra) e oggi residente a Bombay (Mumbai). Pur prediligendo studi da autodidatta, alla scuola di cinema Ashish ha incontrato un insegnante che lo ha aiutato a trovare la giusta direzione: Subrata Mitra, uno dei più grandi direttori della fotografia del cinema indiano e professore emerito della scuola dal 1997 alla morte, nel 2001. Devono molto alla sua visione innovativa la trilogia di Apu e altri sette film di Satyajit Ray. Proprio a Subrata Mitra è dedicato The Cabin Man (2007), il primo cortometraggio di Ashish Pandey.
Far sì che le voci marginali vengano udite: questo il desiderio, il progetto che ispira il suo lavoro e quello dei suoi collaboratori. Proprio per realizzarlo, nel 2006 ha creato Sophia Films, una compagnia indipendente di produzione. Così sono nati i tre corti che presentiamo: The Cabin Man, Khule darwaaze (Porte aperte, 2010) e Nooreh (2018).
Il vecchio guardiano di una cabina ferroviaria semi-abbandonata, una vecchia signora che vive in una desolata casa per vedove, una bambina di otto anni in un villaggio del Kashmir sul confine indo-pakistano, dove infuria da anni la guerra: questi i protagonisti dei tre film. I primi due sono riflessioni sulla solitudine, particolarmente dura per il mondo indiano tradizionale in cui l’individuo (per la natura “dividuale” della persona) trae significato dalla relazione con gli altri, i familiari innanzitutto. Ma gli sguardi fugaci sulle loro vite riflettono anche il passare del tempo, il tempo che lascia indietro chi non riesce a tenere il passo con il moto del mondo e della vita. Mentre in questi due corti il tema è la marginalità individuale, in Nooreh si incontra invece una marginalità collettiva. “Se c’è un paradiso in terra, è qui”: così del Kashmir aveva detto l’imperatore mughal Jahangir. Da molti anni invece è diventato più simile a un inferno, devastato com’è da sanguinosi scontri tra India e Pakistan, mentre una lunga convivenza pacifica tra comunità è stata compromessa dalle vittime e dall’opprimente presenza nella regione dell’esercito indiano. Tra i più colpiti ci sono naturalmente i bambini: “Che significa per un bambino vedere l’esercito ad ogni angolo di strada? Cosa si prova a crescere all’ombra dei fucili?” si chiede in un’intervista Ashish Pandey. A queste domande, afferma il regista, risponde il volto di Noor, “stoico, ma anche incerto e ansioso, a tratti felice e pieno di speranza”, il volto del Kashmir.
THE CABIN MAN (2007, 8’)
Direction & story: Ashish Pandey
Camera: Ganeswara Mohapatra / Editing: Asit Kaushik / Music: Daniel B. George, Surendra Rajan / Production: Ashish Pandey
Un anziano sorvegliante di una cabina ferroviaria in abbandono, una solitudine che ha un momento di tregua quando passa, senza fermarsi, un treno.
KHULE DARWAAZE (Open Doors, 2010, 15’)
Direction & story: Ashish Pandey
Camera: Barun De Joardar / Editing: Shomick Boshoo / Music: Daniel B. George / Production: Ashish Pandey
Un’anziana donna vive in una casa per vedove, senza contatti umani reali, davanti a una porta aperta che non porta in nessun luogo e da dove non entra la vita.
NOOREH (2018, 22’)
Direction & story: Ashish Pandey
Camera: Sushil Gautam / Editing: Pallavi Singhal / Music: Daniel B. George / Production: Ashish Pandey
In un villaggio del Kashmir, sul confine indo-pakistano, sempre preda delgli scontri tra i due paesi, vive Nooreh, otto anni, che fa una scoperta straordinaria: gli scontri infuriano quando dorme e cessano quando tiene gli occhi aperti.