Programma speciale a cura di Carlo Montanaro
Basta un telo bianco illuminato da una fonte di luce per ricreare delle immagini, inserendo tra i due elementi un qualsivoglia materiale che, se traslucido, può arricchirsi perfino di effetti cromatici. Partendo dalla “caverna” di Platone e ripercorrendo la storia stessa dell’uomo, le “ombre” sono arrivate perfino a prefigurare la ritrattistica, anticipando l’avvento della fotografia.
Storicamente legate alla tradizione orientale (non solo Cina, comunque) le rappresentazioni con silhouettes tendono al mito, trovando qui da noi un’equivalenza nel teatro dei pupi. Tra i materiali più diversi utilizzati dall’altre parte del mondo prevale la pelle impreziosita da colorazioni anche in filigrana d’oro. Mentre in Europa, questo modo di raccontare per immagini trova il suo massimo a Parigi, a fine ottocento, in un Cabaret diventato un punto di ritrovo della Belle Epoque grazie ad accenti anche politicamente intriganti, raccontati con figure ritagliate nello stagno. Entra di diritto nella proustiana Ricerca Le Chat Noir, dove Erik Satie viene ingaggiato come pianista sostituto. Trovando imitatori e diffondendo un utilizzo sempre più capillare delle “ombre”, ricavate ormai da carta e cartoncino. Che presto diventano intrattenimento casalingo di grandi e piccini. E come tali non possono non intrigare gli inventori dell’ultimo, definitivo linguaggio universale, nato a cavallo tra otto e novecento: il cinematografo. Che sperimenta inizialmente ogni possibilità d’intrattenimento, avendo bisogno di stimoli continui che possibilmente procurino curiosità e sorriso. E che nel tempo poi va a confrontarsi con le avanguardie del ‘900, che svecchiano lo stesso concetto d’arte, portando all’astrazione.
Ombre che riescono da un lato a creare prototipi di stilemi per antonomasia d’angoscia e di mistero (ad esempio nell’espressionismo tedesco degli anni ’20) e dall’altro uno stile preciso, fascinoso e compiuto da quando, nel 1919, una giovane tedesca scopre di possedere un’abilità particolare nel costruire una reale alternativa al “cartone animato” dando vita a raffinatissime ombre disegnate (o ritagliate e articolate). Con pochi epigoni, a partire dal 1919 in cinquant’anni di carriera, Lotte Reiniger (1899 – 1981) rimane nella storia del cinema come la regina incontrastata del “cinema di silhouettes”.
Les ombres chinoises, Segundo de Chómon (France, 1908, 3’)
De Chòmon con Méliès primo tra i pionieri e Cohl è alla base del cinema delle meraviglie e della fantasia, e quindi di un cinema essenzialmente costruito con effetti speciali. Con una componente di passo uno o cinema d’animazione, nella cui infinita varietà si riesce a dar vita anche alle “ombre”.
Affaires de coeur, Émile Cohl (France, 1909, 4’40’’)
Émile Cohl, commediografo, disegnatore, fotografo, precursore come “incoerente” degli imminenti movimenti artistici dell’avanguardia storica, sfiora con grande e ironica leggerezza il paradosso dell’imminente surrealismo.
Das Ornament des verliebten Herzens, Lotte Reiniger (Germany, 1919, 4’44″)
Giovane apprendista attrice, supera i tempi morti del teatro ritagliando con la forbice su cartoncino nero il profilo caricaturale dei colleghi. Un talento innato che non poteva non diventare un singolare nonchè strepitoso professionismo durato una cinquantina d’anni. Questo il film d’esordio.
Ein Lichtspiel Schwarz Weiss Grau, László Moholy-Nagy (Germany, 1919, 6’)
Uno dei grandi artisti/artigiani/sperimentatori di materiali e di tecnologia collegati al Bauhaus prima in germania e poi in america. Intrigato anche con Cinema e Fotografia esplora ritmi tra positivo e negativo.
Barcarole, Lotte Reiniger (Germany, 1922, 4′)
Lotte Reiniger, come peraltro altri grandi sperimentatori, non disdegna la pubblicità, ma, soprattutto cita la dolcezza implicita della città Serenissima.
Seeliske Konstructionen, Oskar Fischinger (Germany, 1927, 6’30”)
Fischinger, grande disegnatore, usa le silhouettes animate per mostrare il mondo con gli occhi di un ubriaco.
ABC in Sound, László Moholy-Nagy (Germany, 1933, 1’53”)
Il “sonoro ottico” del cinematografo può produrre suoni surreali traendoli perfino da dei profili in silhouette.
Dada, Mary Ellen Bute (USA, 1936, 2’)
“Dada” è una parola nonsense così come la sperimentazione che evoca sempre e comunque, perfino in America dove tocca ad una donna osare e produrre immagini astratte armoniose di puro bianco&nero.
A Night in a Harem, Lotte Reiniger (UK, 1958, 14’)
Le silhouette, aiutate da una ricerca sulla musica spumeggiante (Mozart, Il ratto dal serraglio !!!) che induce al colore, raccontano di tempi e mondi mitici e lontani.