In attesa della cerimonia di chiusura di questa sera, ieri il palco dell’Auditorium Santa Margherita – Emanuele Severino ha ospitato una delle grandi protagoniste di questa quattordicesima edizione del Ca’ Foscari Short Film Festival, Liliana Cavani. Seduta accanto al docente e giornalista Anton Giulio Mancino, ha ripercorso la sua lunga e importante carriera segnata da film cui al giorno d’oggi viene universalmente riconosciuto valore, ma che prima del successo hanno dovuto spesso affrontare critiche negative – se non addirittura censura. Tema portante dell’incontro è stato il difficile dialogo tra un linguaggio in anticipo sui tempi – si pensi ad esempio ad Al di là del bene e del male, realizzato nel 1977 o ancora a Francesco d’Assisi che sembra battere di due anni il ’68 – e un contesto storico immobile in determinati paradigmi. Il tema è stato analizzato nei vari elementi che lo compongono con l’ausilio di una selezione di frammenti tratti dai suoi film – quali Il portiere di notte (1974), Interno berlinese (1985) o ancora Al di là del bene e del male – partendo proprio dal suo modo rivoluzionario di raccontare l’amore attraverso uno sguardo interamente femminile. Per quanto riguarda il suo rapporto con la censura, Cavani ha raccontato come si sia sempre opposta a ogni proposta che avesse potuto in qualche modo cambiare quello che era il progetto iniziale del suo lavoro e ha ribadito come anche quello che sembra il dettaglio più insignificante contribuisca al messaggio che l’opera vuole trasmettere. Le critiche ricevute in passato sembra non abbiano mai stupito la protagonista di questa serata che invece ricorda quanti al contrario hanno creduto in lei e nel suo cinema, «frutto di quelli che sono stati i miei stupori», come ha sostenuto lei stessa. Il viaggio nella carriera di questa straordinaria regista si è concluso con l’analisi de L’ ordine del tempo (2023), il suo lungometraggio più recente, presentato alla Mostra del Cinema lo scorso settembre: un monito per ricordare a tutti noi quanto il tempo sia fragile e quante volte dimentichiamo che non siamo eterni.
L’incontro era stato preceduto da quello con le giurate del concorso internazionale. A dare avvio al programma speciale della giuria è stata l’intervista di Eugenio De Angelis a Ghasideh Golmakani collegatasi da remoto: la regista iraniana, i cui cortometraggi pongono spesso al centro la condizione delle donne in Iran, ha avuto occasione di evidenziare il miglioramento delle questioni di parità di genere nel suo paese rispetto al passato e per denunciare l’universalità del problema, oltre i confini nazionali. Dinamiche legate a questo tipo di stereotipi e pregiudizi sono ben rappresentate in Horn (2018), corto scelto dalla regista per la proiezione al Festival. In seguito, è salita sul palco Cynthia Felando, docente di cinema e media presso la University of California a Santa Barbara, che in dialogo con John Bleasdale ha ricordato al pubblico la nascita della passione che guida il suo interesse di ricerca, focalizzato sulla forma del cortometraggio. Secondo lei, infatti, lo short è in grado di restituire il ritratto approfondito di un personaggio togliendo tutto il superfluo; così avviene nel cortometraggio da lei proposto al pubblico dell’Auditorium: Exam dell’iraniana Sonia K. Hadad (2019). Infine, è stata intervistata da Antonio Giulio Mancino la regista e sceneggiatrice italiana Antonietta De Lillo, il cui sguardo personale e libero dagli schemi si esprime al massimo nel mediometraggio proiettato, Il signor Rotpeter (2017), presentato originariamente fuori concorso alla Mostra di Venezia. Dalla sua conversazione è emerso quanto il suo passato da fotografa abbia influenzato il suo cinema, rendendola una “meccanica” – così si è definita, e come l’empatia sia stata fondamentale nel suo lavoro.
Sono stati presentati ieri altri sei corti del Concorso internazionale, a partire da Baggage del regista iraniano Hamid Bahrami: in un hotel gestito da un proprietario austero e di dubbia moralità, una sera entra un uomo sospetto che chiede di poter trascorrere lì la notte, portando con sé un bagaglio di colore rosso. Un thriller dai toni noir ambientato in un mondo distopico, ricco di simbologie che guidano lo spettatore verso un finale tarantiniano. Successivamente è stato proiettato il corto dal Libano Not Yours di Lama Mohamad Youssef, nel quale il protagonista si trova a dover affrontare il suo io bambino, avvelenato dal rancore per gli abusi sessuali subìti in tenera età da parte di un familiare, e che ora brama giustizia. Il film indaga la complessità dei traumi infantili, con una narrazione incalzante e coinvolgente che offre uno sguardo profondo sul complicato processo di guarigione. A seguire è stato presentato The Sweetness of Air del bangladese MD.Rabbi Bhuiyan: l’innocenza di un bimbo la cui unica consapevolezza riguardo alla guerra consiste nel fatto che i proiettili sono la chiave per avere il suo amato zucchero filato. Ma, se la guerra finisse, terminerebbe per lui anche la fornitura del goloso dolce? Il tema della guerra, vista attraverso gli occhi dell’innocenza infantile, sembra venir utilizzato dal regista come mezzo per evidenziare il nesso armi e sviluppo economico – che nella società odierna pare essere indissolubile. Non fa sentire meno la sua voce riguardo un’altra tematica attualissima, quella cioè dei diritti femminili, Sofija Nedeljković con A Step Back. Nel corto serbo la regista ha evidenziato come, per le donne, maternità e carriera spesso sembrano non poter coesistere. Lo fa attraverso Dunja che – licenziata perché in dolce attesa – sarà costretta a faticare per garantire un futuro a lei e al suo bambino. Dalla Serbia si è passati poi in Romania con Jackpot di Márk Makkai, una commedia d’azione che vede protagonista un ragazzo, talmente dipendente dal gioco d’azzardo da cercare di ottenere denaro da una cameriera di un bar, attirando la sua attenzione con una storia tragica di un gangster balcanico. L’assurdità con cui compaiono e vengono narrati i personaggi secondari è tale da far persino dubitare della veridicità della storia raccontata. A chiudere la giornata è stato il polacco Michał Mieszczyk con Dancing on a Cloud, in cui emerge in modo molto forte e drammatico il senso di ingiustizia e impotenza che sente un uomo nel crescere un bambino come fosse suo quando si ritrova messo da parte e si vede tolta la possibilità di continuare a farlo per mera mancanza di un legame di sangue.
Ieri si sono tenuti anche due degli appuntamenti ricorrenti dello Short, a partire da Lo sguardo sospeso, curato da Elisabetta Di Sopra: il programma speciale è dedicato alla videoarte italiana, realizzato in collaborazione con l’Archivio Videoart Yearbook che raccoglie opere realizzate tra il 2012 e il 2023. Con il sostegno di Silvia Grandi, docente dell’Università di Bologna, è stato possibile accedere a una collezione di più di quattrocento lavori, che saranno fruibili al MAMbo nel capoluogo emiliano, grazie ad un progetto di partnership finalizzato alla promozione presso il grande pubblico della ricerca video italiana degli ultimi vent’anni. Dodici sono stati i cortometraggi selezionati dall’archivio che hanno aperto le proiezioni pomeridiane in Auditorium Santa Margherita. È stato poi il turno di Carlo Montanaro, storico curatore di un programma che quest’anno è dedicato proprio a lui: La fabbrica del vedere. In occasione del decennale della nascita dell’omonima sede, l’esperto di cinema delle origini è stato intervistato e ha raccontato della creazione dello spazio: un’imponente casa-museo che – con primi tentativi cinematografici, fotografie d’epoca e apparecchiature storiche – racconta la storia del cinema con un viaggio indietro nel tempo, oltre ad offrire un luogo d’incontro ed esposizione.
La giornata era stata inaugurata dal concorso collaterale High School Competition, riservato a cortometraggi realizzati da studenti delle scuole superiori di tutto il mondo. Dopo la presentazione dei giovani concorrenti, tra i quali Christian Dei con Dettagli temporanei dall’Italia e Tawfeeq Rashad con Resorting to Sleep dallo Yemen, sono state proiettate le opere degli otto finalisti in gara. Questi verranno valutati da una giuria composta da studenti selezionati dell’Università Ca’ Foscari. A seguire, l’ottava edizione del Cinit Music Video Competition, il concorso collaterale organizzato in collaborazione con il Cineforum Italiano, ha dato spazio ai dieci migliori video musicali realizzati da studenti di università e scuole di cinema da nove paesi, tra i quali Basilicata degli italiani Angelo Chiacchio e Walter Molfese e Antes de irte della colombiana Valeria Alzate. La giuria che avrà il compito di valutarli è composta dal produttore e regista Giovanni Bedeschi, dalla giornalista Alice D’Este e dal membro del direttivo di CINIT Giordano Giordani. Gli esiti e i vincitori di entrambi i concorsi saranno annunciati, insieme a tutti gli altri premi, questa sera in occasione della cerimonia di chiusura del Ca’ Foscari Short Film Festival che comincerà alle 19.30.