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  • 23 Marzo 2024

SHORT MEETS LILIANA CAVANI: OLTRE GLI STEREOTIPI

Per la sua quattordicesima edizione, il Ca’ Foscari Short Film Festival ha ospitato la celebre regista Liliana Cavani, che con i suoi film ha segnato la storia del cinema italiano e internazionale. In un incontro moderato dal giornalista e docente universitario Anton Giulio Mancino, attraverso la proiezione di alcuni frammenti dei suoi film, Cavani ha ripercorso la sua lunga e illustre carriera.

Il primo lavoro ricordato, Il portiere di notte, è un capolavoro riconosciuto a livello internazionale, ma quando uscì nel 1974 l’accoglienza di pubblico e critica non fu affatto calorosa. Il film, nel raccontare il rapporto sadomaso tra un ex ufficiale nazista e una prigioniera ebrea sopravvissuta al lager, affronta il tema del potere intrecciato all’ambiguità della natura umana. La regista ricorda che era un periodo difficile per fare film che sfidassero la morale comune, e nello specifico ricorda che il rapporto con la critica “è stato un vero inferno”. Altrettanto scandalo suscitò Al di là del bene e del male, che finì nelle maglie della censura italiana per alcune scene ritenute eccessive. Il film viene ricordato con la proiezione di un frammento ambientato proprio nel contesto veneziano, e viene ricordato con affetto dalla regista.

Se Al di là del bene e del male è riconducibile alla nuova presa di coscienza femminista, Francesco d’Assisi, miniserie uscita nel 1966, poi riadattata a film nel 1972, in un certo senso anticipa lo spirito del Sessantotto. Cavani racconta di essere sempre stata affascinata dalla componente religiosa e spirituale, e di aver deciso di fare un film sulla vita del Santo dopo averne letto la biografia scritta da Paul Sabatier. Il film ha attirato molte reazioni da parte della destra italiana, che mal vedeva il modo del tutto originale in cui veniva rappresentato il Santo, ed è stato rivalutato solo dopo la proiezione fuori concorso a Venezia. Ricorda la regista: “la libertà era tenuta a bada in quegli anni, ma non ci ho mai pensato troppo”.

La successiva proiezione, un frammento di Interno Berlinese, ha aperto il discorso sul progressismo dimostrato da Cavani nel mostrare l’atto amoroso tra le protagoniste, con lo sguardo di una donna, all’interno di una storia, quella del cinema che troppo spesso è stata dominata da una visione maschile e maschilista. Cavani ricorda che l’istinto amoroso è sempre stato più libero di quello che crediamo, ma non sempre è stato possibile esprimerlo liberamente. “Se fai qualcosa che va contro l’andazzo morale del tempo, fa scandalo, ma se a farlo è una donna, ancora di più. Molte donne sono state scoraggiate a fare quello che volevano” racconta Cavani, ricordando poi come il suo percorso di emancipazione sia partito proprio dalla realizzazione del primo film sulla figura di San Francesco.

Continuando a ripercorrere la sua carriera, Mancino ricorda Dove siete? Io sono qui, un’opera che con grande sensibilità affronta il mondo della disabilità attraverso la storia di due non udenti. La regista racconta che l’idea nasce dopo aver assistito a una pièce teatrale organizzata da una comunità di non udenti a Modena, e di aver quindi deciso di raccontare una realtà che non doveva essere emarginata, né dimenticata: “volevo dimostrare che ci sono tanti modi per comunicare, e che anche loro dovrebbero essere maggiormente considerati nel contesto sociale” racconta Cavani.

Dopo la visione di un’ultima sequenza da Il gioco di Ripley, caratterizzato da un forte impatto musicale e uno straordinario gioco di inquadrature, la conclusione dell’intervento avviene con il ricordo dell’ultimo film della regista, L’ordine del tempo, liberamente ispirato all’omonimo saggio. “Viviamo come se avessimo tutto il tempo del mondo, ma esiste una fine, anche se non sappiamo quando accadrà” commenta in proposito Cavani, spiegando che l’idea alla base del film è quella di indagare la psiche umana, i sentimenti davanti a un possibile pericolo che è sempre dietro l’angolo.

L’incontro si è poi concluso con una riflessione di Cavani circa la necessità dell’uomo di ricercare sempre il nemico altrove, nell’altro: “noi siamo i nemici di noi stessi” dice la regista, per concludere: “Bisogna cambiare, io non ci sarò, ma auspico davvero un cambiamento di prospettiva”.

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