Una storia italiana al Ca’ Foscari Short Film Festival:
come Big Rock ha conquistato l’America.
Dall’area mediterranea, la parabola di Altermed: l’ossessione per Arafat e altre storie…
Venezia, 29 marzo 2012. Dal desiderio di due ragazzi di rendere l’Italia competitiva sul mercato dell’animazione e della Computer Graphic, nasce a Treviso nel 2005 la C.G. School – Training Center “Big Rock” che ora è arrivata a collaborare con colossi dell’animazione digitale come Pixar e DreamWorks. Come hanno raccontato al Ca’ Foscari Short Film Festival i fondatori Marco Savini e Guido Polcan, l’idea è nata “pensando alla scuola che avremmo voluto frequentare; come ci sarebbe piaciuto che fosse”.
L’Italia si trova in una posizione ancora troppo legata al passato per quanto riguarda lo studio e gli investimenti sulla computer grafica. L’opinione più diffusa a riguardo è che chi si occupa di animazione e computer grafica sia un nerd oppure un genio, ma che in ogni caso “perde tempo davanti al computer”. Come ci ha raccontato Alex Ongaro, intervenuto all’evento tramite collegamento telematico dall’America, dove lavora come supervisore degli effetti speciali alla DreamWorks, l’Europa nonostante le buone idee e i validi artisti ha budget limitato ed è troppo legata alla tradizione per accettare la sperimentazione di nuovi metodi.
Tutt’altra è invece la concezione che si ha oltre oceano: chi si occupa di queste discipline è un artista e un importante ingranaggio nella grande macchina delle case di produzione. Ed è proprio per avvicinare i ragazzi a questa concezione così lontana e diversa dalla nostra che Big Rock imposta i propri corsi, della durata di 6 mesi, non solo sull’apprendimento e utilizzo dei software, ma si propone di munire gli studenti della capacità di affrontare qualsiasi situazione. Attraverso un viaggio di studio in America, toccando le città delle grandi case di produzione – San Francisco, Los Angeles e Las Vegas – si insegna agli studenti a risolvere autonomamente i problemi che possono presentarsi improvvisamente, a prescindere dall’esigenza e dagli strumenti a disposizione. Sanno bene che nel mondo del lavoro non si vive solo a livelo teorico, ma che i requisiti maggiormante apprezzati sono la collaborazione e l’adattabilità ad ogni situazione.
Big Rock non vuole essere una scuola convenzionale. Sviluppata sul modello dei College americani, fin da subito mette i propri studenti a contatto diretto con le responsabilità e il mondo del lavoro. I docenti, a volte ex big rockers, seguono i ragazzi solo a livello didattico. La cura del sito così come la progettazione dei lavori di fine corso sono interamente gestiti dagli studenti; e nel caso in cui la scuola venga contattata da grandi aziende che commissionano una pubblicità o un lavoro grafico, gli studenti sviluppano il progetto e collaborano direttamente col cliente che ha così la possibilità di valutare in prima persona il lavoro del singolo o del gruppo ed eventualmente assumerlo a fine corso.
Nella parte finale dell’evento è stato presentato il corto realizzato dagli studenti di Big Rock intitolato Life, sublime connubio tra tecnologia e sentimento. Nello spiegarci la realizzazione del lavoro a partire dall’idea, passando per le fasi di lavorazione più tecniche, per poi arrivare al prodotto finale Marco Savini ha sottolineato l’obiettivo intorno al quale ruota non solo la realizzazione del prodotto, ma l’intera concezione della scuola: trasmettere un’emozione. La padronanza di competenze tecniche e lo studio della grafica sono imprescindibili per la buona riuscita di un’opera, ma questi sono solo mezzi che permettono all’artista di comunicare un messaggio o un sentimento al pubblico.
Gabrielle Gamberini ha presentato invece il programma speciale Short Film Festival meets ALTERMED, che ha curato con Ida
Zilio-Grandi e vuole essere un omaggio ed al tempo stesso un passaggio di consegne tra Ca’ Foscari Short e ALTERMED, associazione no profit fondata nel 2007 da Emilie Motou occupandosi di dar voce alle diverse identità che compongono l’area geografica e culturale del Mediterraneo attraverso il Festival Corto del MED di Avignone, il progetto più importante e impegnativo promosso da questa associazione. Nessuna “discriminazione” anche sulla natura dei corti in gara al Festival di Avignone dato che
sono stati proiettati senza distinzioni opere di fiction, d’animazione e documentarie. Il Festival per varie ragioni ha cessato la sua attività lo scorso anno ed il suo patrimonio è passato nelle mani di Ca’ Foscari Cinema.
Sulla scia di questa esperienza Venezia è diventata quindi per un giorno capitale della multiculturalità mediterranea. Al Festival il
pubblico infatti ha potuto assistere alla proiezione di cinque cortometraggi provenienti dalle diverse aree del bacino (non ingannino i paesi di produzione!) che spaziano dalla commedia al dramma trattando temi fondamentali come il concetto di identità e il rapporto con essa o le tradizioni e la condizione della donna. Da When I Stretch Forth Mine Hand di Oscar Robert Hamilton, una coproduzione tra Egitto e Palestina, al francese Clichés di Nadine Naous, un corto senza dialoghi che tratta le tradizioni e la condizione della donna con un ribaltamento finale della prospettiva davvero spiazzante. P’tite pièce di Loic Nicoloff è una divertente fantasia che pone di fronte un clochard e un uomo benestante. Arafat & I di Mahdi Fleifel tratta il difficile tema dell’identità palestinese da una prospettiva comica, con un protagonista ossessionato dalla figura di Arafat che per questo perde la ragazza che voleva conquistare. Anche Condemnations di Walid Mattar ha tinte da commedia pur trattando il serissimo tema del fondamentalismo religioso. La selezione si è basata sul principio che non esista una sola identità mediterranea, ma una molteplicità, non necessariamente coincidente con i relativi stati nazionali, fondata su un intreccio di fattori geografici, storici e politici. Una complessità che il Festival ha voluto cogliere ed eleggere a valore attraverso la selezione di questi cinque corti presentati nelle edizioni francesi 2009-2010.
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