Notizie dal Festival


  • 23 Marzo 2024

LA GIURIA INCONTRA IL PUBBLICO DELLO SHORT

Durante il pomeriggio del 22 maggio, presso l’Auditorium Santa Margherita – Emanuele Severino, si è tenuto uno dei programmi speciali più attesi della quattordicesima edizione del Ca’ Foscari Short Film Festival, quello dedicato alla giuria, durante il quale sono state intervistate le tre giurate del Concorso Internazionale.

L’evento è iniziato con l’intervista da remoto della giurata Ghasideh Golmakani. La regista iraniana ha dialogato con Eugenio De Angelis sulla sua carriera. Prima di iniziare, però, è stato presentato in sala il suo cortometraggio Horn (2018) che racconta, attraverso eventi di vita quotidiana, gli stereotipi e i tabù a cui devono sottostare le donne nella società iraniana. Dopo la visione del cortometraggio, De Angelis ha interrogato la regista sulle motivazioni che l’hanno spinta a mostrare proprio questo suo cortometraggio, e ha chiesto se le sorti in cui vivono attualmente le donne iraniane abbiano influenzato questa scelta. In risposta, Golmakani ha affermato che, se si fosse fatta guidare solo dalle condizioni delle donne in Iran, probabilmente ne avrebbe scelto uno più ottimista, visto che, rispetto al passato, le questioni intorno alla parità di genere sono migliorate. Piuttosto, ha scelto questo cortometraggio perché veicola un messaggio universale: anche in Europa e nel resto del mondo le donne sono spesso vittime di stereotipi e di maschilismo. Inoltre, si classifica come dark comedy, un genere raro nel cinema iraniano, che è di solito più incline al dramma. La conversazione è proseguita con la regista che ha spiegato che la maggior parte dei suoi soggetti sono legati al suo paese natio, soprattutto perché, vivendo in Europa, si è subito resa conto di quanto prima di partire avesse idealizzato quest’ultima. In realtà anche le donne europee combattono ancora per l’emancipazione. Visto che i soggetti principali dei corti della regista sono donne, De Angelis le ha chiesto come viene percepita la sua filmografia da parte del pubblico femminile iraniano. “I miei film non sono molto acclamati in Iran perché, apparentemente, sembra che il mio cinema dia voce a problemi secondari, invece io personalmente ritengo che mostrare queste piccole vicissitudini sia importante, perché la violenza sulle donne parte dai piccoli gesti”. L’ultima domanda è stata dedicata alle maggiori differenze nel girare un film in Iran rispetto al farlo in Europa. La regista ha affermato: “Nonostante le difficoltà, girare un film in Iran è più facile e veloce rispetto a farlo in Europa, perché la necessità di trovare fondi pubblici può rallentare di molto il processo creativo. In quanto donna, invece, mi sento di poter affermare che non è tanto diverso rispetto a girarlo in Europa”. Quest’anno ha avuto una forte risonanza in Italia il film di Paola Cortellesi, C’è ancora domani (2023), il quale per certi aspetti, secondo De Angelis, rispecchia il lavoro della regista iraniana. Il film di Cortellesi, infatti, utilizza la narrazione di dinamiche quotidiane per mostrare la difficile emancipazione delle donne nel dopoguerra. La regista ha concordato con l’intervistatore che questo stile possa essere una buona occasione per unire l’intrattenimento a tematiche importanti, affermando inoltre che è fondamentale utilizzare questo approccio soprattutto per i bambini, al fine di educarli fin dall’infanzia a conoscere argomenti complessi.

Il pomeriggio è proseguito con Cynthia Felando, docente di Cinema e Media presso l’University of California a Santa Barbara (UCSB), vincitrice del Distinguished Teaching Award alla UCSB ed esperta di cortometraggi. L’intervista è stata condotta dal membro del comitato scientifico del festival John Bleasdale, il quale le ha chiesto da dove nasca la sua passione per i cortometraggi, e come sia proseguita a livello accademico. “Per rispondere alla prima domanda”, ha affermato Felando, “devo ritornare  alla mia infanzia, a quando vidi per la prima volta il cortometraggio The Red Baloon, del 1986. La storia mi piacque fin da subito, e ciò mi ha portato ad appassionarmi al cinema”. Dal punto di vista accademico, ha raccontato al pubblico di essersi avvicinata maggiormente al mondo dei cortometraggi dopo che le fu chiesto di tenere un corso sugli stessi: “per me era assurdo come all’epoca ci fosse così poco materiale e studi accademici sul cortometraggio, nonostante sia la forma più antica di cinema”. Superate le difficoltà iniziali nel reperire materiali, è riuscita a scrivere un libro con l’intento di fornire una guida agli appassionati del settore. Felando ha detto di sentirsi molto fiduciosa per il futuro, in quanto i giovani si appassionano sempre di più alla realizzazione di queste opere, riportando il medium del cortometraggio alla ribalta. “Penso che il punto di forza dei cortometraggi sia proprio legato al fatto che in una breve durata di tempo si racconti in maniera intensa la psicologia dei personaggi rappresentati”. Bleasdale ha concluso chiedendole se a suo parere questa distinzione sia possibile anche fra racconti brevi e romanzi. “Assolutamente, io sono molto affascinata dai racconti brevi, in quanto, a differenza del romanzo, vanno dritti al punto, mantenendo sempre la tensione alta durante tutta la narrazione”. Dopo l’intervista è stato proiettato il cortometraggio da lei scelto: Exam (2019), diretto dall’iraniana Sonia K. Hadad. L’opera, presentato in anteprima a Toronto, utilizza come tecnica narrativa le convenzioni del genere thriller, mantenendo alta la suspense per tutta la sua durata.

È poi salita sul palco la terza giurata di quest’anno: Antonietta De Lillo, regista italiana vincitrice di numerosi premi fra cui Nastro d’Argento e David di Donatello. Prima dell’intervista, condotta dal membro del comitato scientifico Anton Giulio Mancino, è stato proiettato il mediometraggio, da lei scritto e girato, Il signor Rotpeter (2017), presentato fuori concorso alla 74ª Mostra di Venezia, che prende spunto dal racconto di Franz Kafka, Una relazione per un’accademia. Mancino ha poi iniziato l’intervista definendo il cinema di De Lillo come eccentrico e libero da ogni tipo di schema, chiedendole quanto sia stato difficile per lei esordire durante gli anni ‘80, quando per un cineasta, soprattutto se donna, era particolarmente ostico riuscire a emergere. “Iniziare è stato comunque bello nonostante le difficoltà,” ha affermato la regista italiana, “distribuire film di giovani autori emergenti era molto difficile, nonostante questo, dal mio punto di vista, c’era una libertà e un clima culturale dove essere un outsider era un merito e non un demerito, sarebbe importante ora come ora tornare a un atteggiamento fuori dagli schemi, come in quegli anni”. Mancino ha chiesto poi alla regista dell’approccio filosofico alla vita che il suo cinema rivela. “Penso che il mio lavoro si destreggi e oscilli fra il desiderio che le cose accadano e la realtà dei fatti che molto spesso non le fa accadere, per questo voglio che anche i miei personaggi siano sempre in bilico, come degli acrobati. Non c’è un genere definito, o dramma o commedia, ma si trovano sempre nel mezzo fra una lacrima e una risata, come succede molto spesso nella vita”. Continuando, Mancino è sceso più nello specifico dell’opera mostrata in Auditorium, chiedendo  com’è stato lavorare al monologo di Kafka per Il signor Rotpeter, e se alla base vi fosse già l’idea di produrre un mediometraggio. La regista ha risposto che, tranne per qualche taglio durante il montaggio, il racconto di Kafka è rimasto invariato per preservarne l’immensa bellezza e ha continuato definendosi una ritrattista, una “meccanica del cinema”. “Il mio passato da fotografa ha influenzato anche le sorti del mio cinema, e penso che la caratteristica che più mi ha aiutato in questo lavoro sia stata l’empatia. Ricordo quando lavorammo al documentario su Alda Merini, la quale all’inizio non faceva altro che trovare scuse per non girare, non voleva estranei in casa. Alla fine del lavoro, avevamo instaurato una connessione tale che mi guardò dritta negli occhi e mi disse affranta: ma come, andate già via? Questo è stato uno dei momenti della mia carriera che ricordo con più gioia e affetto”.

Si è concluso così l’evento dedicato alle giurate del Ca’ Foscari Short Film Festival 2024, salutate dall’applauso del pubblico che ha potuto vedere e sentire tre diverse declinazioni dell’approccio al cinema, tutte però accomunate dallo stesso amore per il medium al quale hanno dedicato la loro vita.

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