Ha avuto oggi inizio l’undicesima edizione del Ca’ Foscari Short Film Festival che durerà fino a sabato 9 e avrà luogo in maniera diffusa a Venezia (e Mestre) in undici location differenti. La prima giornata all’Auditorium di Santa Margherita, sede principale della manifestazione, si è aperta nel segno dei diritti femminili con molte storie inerenti alla condizione della donna nel mondo, grazie alla presenza della regista e produttrice afghana Alka Sadat, protagonista del primo programma speciale, Women’s Cinema in Afghanistan, che ha saputo regalare emozioni forti sul palco dell’Auditorium, descrivendo tragicamente la situazione in cui versano le donne e il cinema nel suo paese natale. Alka, insieme alla sorella Roya Sadat, sono state rispettivamente coordinatrice e fondatrice dell’Herat International Women’s Film Festival che dal 2013 ha dato voce alle donne e alla parità di genere, ma che quest’anno non ha potuto aver luogo data l’attuale situazione politica: “Con i talebani erano scomparsi i cinema dalle città afghane, e per molto tempo non si potevano creare momenti di incontro culturale, soprattutto per noi donne. Perciò ci è venuto in mente di creare un festival che portasse avanti le istanze e le necessità delle donne e di tutta la società afghana. Inizialmente non avevamo nessun supporto, abbiamo cominciato contando solo sulle nostre forze, ma poi vedere il festival crescere come uno dei più importanti del paese e non solo è stata una grande soddisfazione.” Alka ha continuato sottolineando l’importantissima funzione che il cinema può ricoprire all’interno di un regime oppressivo, soprattutto per le donne: “Il festival è stata un’esperienza che ha permesso a molte donne di entrare nei cinema per la prima volta, è diventato un’occasione per loro di uscire e partecipare alla vita culturale del paese, mostrando la vera vita delle famiglie afghane!” La regista ha poi spiegato come fino a pochi anni fa fosse impossibile per una donna poter fare cinema in Afghanistan e da questo punto di vista la sorella Roya ha rivestito un ruolo fondamentale in quanto: “è stata la prima regista donna in Afghanistan. All’inizio è stato difficile perché diverse persone non accettavano che una donna facesse questo lavoro. Però negli anni hanno imparato ad accettarlo e di sicuro ora, anche con la situazione politica che si è creata, ci saranno nuovi movimenti a supporto di questo tipo di cinema perché le persone hanno capito che può essere qualcosa di utile per la nostra società.” Dopo l’intervento di Alka è stato anche proiettato il suo Afghanistan Night Stories, documentario che racconta con uno sguardo lucido la lotta contro i talebani, nemico invisibile e insidioso, facendosi quasi premonitrice del luttuoso presente. A chiudere il programma è stato il trailer di A letter to the president della sorella Roya, storia pluripremiata in cui solo la figura del presidente può salvare una donna condannata a morte per adulterio.
Si è poi svolta l’inaugurazione del festival con i saluti istituzionali di Elti Cattaruzza, Prorettore al diritto alo studio e ai servizi agli sudenti di Ca’ Foscari, Paola Mar, Assessore al Patrimonio, Promozione del Territorio e Università del Comune di Venezia, di Giovanni Dell’Olivo, Direttore generale della Fondazione di Venezia e naturalmente del Direttore artistico e organizzativo del festival Roberta Novielli che hanno così ufficialmente dato il via all’undicesima edizione.
Dopo la cerimonia d’apertura è intervenuto Kabir Bedi, attore indiano naturalizzato italiano conosciuto nel mondo cinematografico soprattutto per aver interpretato il ruolo di protagonista nella leggendaria serie Sandokan. Intervistato da remoto da Stefano Beggiora, dopo un excursus sulla lunghissima carriera dell’attore, si è parlato di quello che è il forte attivismo che Bedi pratica nel suo paese d’origine. L’attore, proveniente da una famiglia che ha a cuore tematiche politicamente e socialmente impegnate, è infatti interessato a numerose cause filantropiche ed è Brand Ambassador di diverse associazioni umanitarie. Il suo intervento si è concentrato sull’azione della ONG italiana Care&Share che dal 1991 porta avanti l’obiettivo di garantire alfabetizzazione, cure sanitarie e assistenza ai bambini provenienti dalle zone più povere e disagiate dell’India. Il sostegno da parte dei donatori provenienti dall’Italia è stato fondamentale nei 30 anni di attività dell’associazione, che è riuscita ad aiutare circa 20.000 tra bambini e ragazzi. Care&Share si pone anche come punto di riferimento a sostegno delle famiglie di questi giovani, in particolare delle madri lavoratrici, troppo spesso abbandonate durante il percorso di crescita dei propri figli, avviando diversi progetti che nell’ultimo periodo hanno riguardato non solo il miglioramento dell’istruzione, ma anche le conseguenze provocate dalla pandemia che ha colpito fortemente l’India, fino all’emancipazione femminile, tema caro a questa edizione dello Short.
Nel pomeriggio è stata presentata poi la nuova piattaforma di cinema on demand WeShort, introdotta sul palco dall’ideatore e fondatore Alessandro Loprieno. Quest’anno lo Short collabora infatti con quella che è la prima startup italiana dedicata esclusivamente alla diffusione di cortometraggi online. Nata dalla passione per l’arte del “cinema breve”, l’intento di WeShort è quello di far conoscere il più possibile questo mondo e di dare voce soprattutto a giovani artisti emergenti. Per l’occasione, sono stati proiettati due cortometraggi: Skin del regista israeliano Guy Nattiv, premiato con il Premio Oscar nel 2019, e On Silent, diretto dal regista italiano Gabriele Paoli e presentato direttamente dall’attrice protagonista Jun Ichikawa e, da remoto, dal candidato all’Oscar per il make-up Vittorio Sodano. Per inaugurare la nuova collaborazione, è stato infine proiettato in anteprima il trailer del docu-cortometraggio Nuovo Cinema Breve, una produzione originale diretta dal socio e regista Carlo Fusco. Il documentario ripercorre la storia del cinema breve dalle origini a oggi e vede come protagonista d’eccezione Michael Madsen, attore feticcio di Quentin Tarantino. Grazie alla partnership con il festival veneziano, viene inoltre data ai registi del concorso internazionale la preziosa opportunità di distribuire i propri cortometraggi direttamente sulla piattaforma, contribuendo così a diffondere brevi storie eccezionali da ogni angolo del mondo.
Infine, la serata è stata animata dalle proiezioni dei primi cortometraggi del Concorso Internazionale, al quale partecipano 30 cortometraggi provenienti dalle migliori scuole di cinema e università del mondo. Il primo è stato En rang par Dieux, il progetto che le tre giovani registe italiane Margherita Giusti, Viola Mancini ed Elisabetta Bosco hanno realizzato per conseguire il diploma nel Centro Sperimentale di Cinematografia del Piemonte. Il cortometraggio d’animazione sfrutta la potenza dei colori per raccontare l’esperienza biografica di due ragazzi, Aliou e Afif, immigrati in Italia e da subito accomunati da quel linguaggio internazionale, privo di barriere culturali e linguistiche, che è la musica. Tinte ben più cupe assume invece il cortometraggio Şeker Gıda (The sugar grocer): il regista turco Ferman Narin in meno di quindi minuti mostra come una escalation spaventosa di eventi e malintesi possa travolgere anche la più monotona delle giornate, come quella del protagonista Salih, fino a trasformarla nella peggiore ed efferata della sua vita. Ogni scelta comporta una perdita, e il regista polacco Damian Kosowski nel suo Zanim Zasne (By the time I fall asleep) mostra l’incapacità di gestire e sopportare le conseguenze delle proprie decisioni. Il dramma della malattia è qui osservato con gli occhi di chi assiste: la figlia che aiuta la madre negli ultimi passi della sua vita. Il quarto cortometraggio è stato il documentario Aida, della libanese Hanane Abi Khalil, nel quale la protagonista omonima, che non è interessata a ciò che pensano gli altri ed è reduce da un triste passato, decide improvvisamente di sposarsi, celebrando la vita anziché la morte perché come lei stessa dice “una vita senza amore non ha senso”. La regista ha dedicato il film a tutte le donne forti e indipendenti che, come la protagonista, vogliono riscattare la propria vita e viverla pienamente. Il corto successivo è stato Europa (Europe), di Lucas del Fresno, con protagonista Pedro, un lavoratore straniero in Svizzera che scopre che sua madre è ricoverata in ospedale in Spagna. Viene incaricato di portare una mucca di nome Europa al macello ma, arrivando in ritardo, si ritrova ad affrontare con lei un viaggio che riflette la sua sofferenza e che si conclude con l’accettazione del dolore e con il ritorno alla vita. Ana Andonova, macedone, ha presentato invece il cortometraggio Malechka (Little One), con il quale racconta la storia di una bambina, Keti, che si ritrova in un contesto familiare particolarmente ostile e severo, che non le permette di scegliere liberamente le proprie amicizie e impone alla sorella maggiore un matrimonio senza amore. Keti è solo una bambina, ma riflette tutte le donne che hanno il coraggio di battersi contro le imposizioni tradizionali che costringono la donna a una posizione subordinata.