Venezia, 8 ottobre 2021. La terza giornata del Ca’ Foscari Short Film Festival ha visto la proiezione all’Auditorium Santa Margherita degli ultimi 12 cortometraggi in gara per il Concorso Internazionale. Primo tra tutti, Termites dell’indiano Jaybrata Das, ambientato in una società distopica in cui letteratura, arte, cinema e musica sono vietati, narra la storia di un uomo che, entrato a contatto con la pagina di un libro vietato donatagli da una bambina, precipita in un dilemma esistenziale. Dal Messico viene invece Bungee to the beyond di El Huitzo, storia di tre amici che, alla morte del loro migliore amico, decidono di portare il suo cadavere ad Acapulco per realizzare il suo sogno di fare bungee jumping. A seguire, il corto italiano Where the leaves fall di Xin Alessandro Zheng che racconta la storia di Giacomo, un giovane italo-cinese di seconda generazione, e del suo viaggio fino alla contea di Wencheng per riportare a casa le ceneri del padre scomparso prematuramente; il suo diventerà un viaggio verso la ricerca della sua radici grazie all’aiuto del nonno. Successivamente, The Solace of Ruins di Gabriela Lourenzato, nel quale la regista narra la storia della piccola Madu che, insieme ad una compagna, cerca una donna molto conosciuta, ma scomparsa in circostanze misteriose; numerosi sono i riferimenti alla comunità LGBTQIA+, in riferimento alla sua attuale situazione in Brasile. The Bitch di Ville Niemi, racconta invece una storia ambientata negli anni ’70 nei paesi scandinavi, oscura e tragicomica, di amore e odio ardenti, di una ragazza smarrita. Infine, Les trous noirs (Black holes) di Pierre Lazarus, sulla storia del misterioso coma di David e degli effetti che tale avvenimento ha sulla vita dei genitori, del migliore amico e del poliziotto incaricato delle indagini. Il tutto è raccontato con due cineprese, a simboleggiare quella che è la verità collettiva, fatta di frammenti e di non-detto.
In serata il concorso internazionale si è concluso con la proiezione degli ultimi sei cortometraggi. Ad aprire le danze è stata l’opera d’animazione Migrants co-diretto da H. Caby, A. Dupriez, A. Kubiak, L. Lermytte, Z. Devise, diplomati presso la Pôle 3D School, in Francia. Un intreccio di alcuni tra i temi più importanti nella nostra società attuale come razzismo, migrazione ed emergenza climatica sono in netto contrasto con la dolcezza dei due protagonisti, due orsi polari di peluche, che affrontano un viaggio verso una terra a loro sconosciuta. A seguire The Last Illusion del russo Vladimir Feklenko, che racconta il dramma di un anziano illusionista, le cui grandi e acclamate esibizioni sono ormai un vago ricordo. Per racimolare qualche soldo, tenta un ultimo spettacolo che finisce miseramente per il pubblico, ma il messaggio veicolato sarà molto più profondo. Sonia Ladidà Schiavone, italiana che studia regia in Islanda, ha portato sul grande schermo Round 0, una storia di ambizione e speranza incentrata su un gruppo di pugili che si apprestano a diventare adulti, nascondendo le loro fragilità per mantenere un’apparenza sociale comunemente accettata. Il quarto cortometraggio presentato è stato Gossipy di Willy Suárez in cui un’anziana signora chiacchierona osserva dalla sua finestra l’intero vicinato; un giorno diventa testimone di quello che crede essere un rapimento. Insieme a un fattorino, con l’obbiettivo di salvare le ragazze, si ritrovano coinvolti in una strana avventura. A Toy in the River del filippino Alphie Velasco, racconta invece la storia di un tragico incidente avvenuto a un bambino, affogato in un fiume dopo aver rubato un giocattolo. Un viaggio tra l’onirico e il fantastico per redimersi dalle proprie colpe, nel quale è presente anche il tema della crisi climatica dovuta all’inquinamento che si conclude però con un messaggio di speranza. A chiudere il concorso dell’undicesima edizione è stato Romantic Eggs del giovane regista cinese Sun Xiangping: il pianeta ha le ore contate, a comunicarlo telepaticamente alla protagonista sono proprio alcuni insetti; la sua missione sarà quindi di salvare il mondo, recuperando degli oggetti misteriosi in un intreccio di omaggi alla letteratura e al cinema.
Uno dei programmi più attesi della giornata era sicuramente il consueto Programma speciale della Giuria, durante il quale sono state proiettate opere scelte e dirette dai tre membri della Giuria Internazionale del concorso: Philippe Claudel, Tony Grillo e Laura Aimone. Di Philippe Claudel, regista e scrittore francese tradotto in tutto il mondo, è stata presentata una selezione di scene tratte da quattro lungometraggi da lui diretti, rispettivamente: Il y a longtemps que je t’aime, con Kristin Scott Thomas come protagonista, Tous les soleils, ambientato a Strasburgo e interpretato da Stefano Accorsi, Avant l’hiver, un thriller con Daniel Auteuil nei panni di un uomo di mezza età in crisi esistenziale, e infine Une enfance, film molto apprezzato per la credibilità dei personaggi e dei loro interpreti. Il secondo giurato a salire sul palco è stato lo statunitense Tony Grillo, regista indipendente e animatore che ha collaborato con grandi personalità del cinema animato e non solo. Il pubblico ha potuto assistere alle proiezioni di due suoi lavori: Goodwin VS Badwin – The golden Crosses (2012) e It’s a shame (2016). Il primo è un’animazione che segue due gemelli in situazioni surreali ed irriverenti (nonché politicamente scorrette), mentre il secondo è un video musicale reso attraverso un mix particolare di immagini, reportage storici e film in bianco e nero. Laura Aimone, figura professionale che lavora a vario titoli con alcuni dei più importanti festival internazionali, ha invece presentato il suo esordio alla regia avvenuto nel 2019. Ne Il carnevale della vita affronta temi sempre attuali quali la libertà, il desiderio e il coraggio di vivere le proprie passioni con autenticità, passando attraverso un viaggio e il relativo ritorno a casa.
La giornata si era aperta invece con la presentazione di Atelier Video Essay, una delle iniziative del collettivo Quarta Parete, che ha permesso di scoprire la forma del video-saggio, una forma sperimentale di videomaking che sta acquisendo un ruolo centrale nella critica cinematografica. Il workshop ha dato vita a realizzazioni che spaziano nei temi analizzati, dall’indagine della fragilità maschile in Boys (don’t) cry – Masculinity in Xavier Dolan’s cinema, alla rappresentazione della cucina nipponica nei film d’animazione con JapanMeal – Only With Eyes, dalle tematiche queer attraverso il caso studio dei film Le fate ignoranti e La dea fortuna in Il Queer nel cinema di Ferzan Özpetek, all’analisi della seconda stagione di The Hunting con The Ghosts of Bly Manor, per concludersi infine con Working in the shadows – La rappresentazione del lavoro femminile nel cinema, uno spunto di riflessione sul contributo femminile nel mondo del lavoro e della lotta operaia.
La giornata è poi proseguita con la prima parte del programma speciale dedicato a Mujeres nel cinema, gruppo di donne italiane che lavorano a vario titolo nel cinema e che si battono, tra le altre cose, per il raggiungimento della parità di genere nell’industria cinematografica italiana e non solo. In questa prima parte del programma sono state presentate opere appartenenti alle categorie del cinema sperimentale, documentario e web series. Queste particolari tipologie di strumenti audiovisivi sono stati utilizzati e sfruttati al massimo delle loro potenzialità per portare sullo schermo questioni urgenti, incoerenze e drammi del mondo contemporaneo. Opere che pongono al centro le donne, in tutte le loro sfaccettature e diversità, strappandole dalla “periferia” sociale cui spesso sono relegate, e raccontandole attraverso le difficoltà e gli ostacoli che la società patriarcale pone alla loro completa realizzazione.
Il primo pomeriggio è stato invece dedicato allo speciale sul cinema indiano, programma ricorrente a cura di Cecilia Cossio che quest’anno ha presentato i cortometraggi Defiance (2019) e Castles in the Air (2020), rispettivamente girati da Shazia Iqbal e Tarun Dudeja, due registi molto diversi fra loro ma accomunati dalle tematiche: entrambe le opere hanno infatti come protagoniste delle giovani donne che cercano di raggiungere i loro obiettivi scontrandosi con un ambiente patriarcale e conservatore. Fatin, protagonista del primo cortometraggio, vive una crisi d’identità, scontrandosi tra gli ideali liberali della famiglia e un sistema oppressivo che fatica a concederle un finanziamento per continuare gli studi in quanto donna e non conforme alle regole della comunità. Asha, protagonista del secondo lavoro, vuole invece entrare nella squadra di pallamano della scuola e, nonostante il suo allenatore la scoraggi, lotta per realizzare il suo sogno. Il tema si sposa perfettamente con il focus dello Short di quest’anno – suggerito anche dalla locandina di Lorenzo Mattotti – dedicato alla condizione della donna e alle sfide quotidiane che è ancora costretta ad affrontare per raggiungere la parità di genere.
A seguire è stato presentato il programma speciale Sulla carta: Il Cinema curato dallo storico collaboratore del festival Carlo Montanaro, Presidente dell’Associazione Italiana per le Ricerche di Storia del Cinema e fondatore de “La fabbrica del vedere”. Anche quest’anno Montanaro ha proposto un percorso sul cinema delle origini e in questa occasione si è soffermato sul ruolo fondamentale della carta nel cinema, dalla nascita del cinematografo al “processo di animazione”. Nella storia del cinema la carta è stata accantonata e riscoperta più volte, fino a diventare la base da cui partire per offrire una vita artificiale alle immagini. Oggetti, pupazzi e elementi naturali hanno vissuto una rinascita grazie alla carta, innescando un processo che non ha subito arresti con l’avvento del digitale. Il programma ha permesso al pubblico di (ri)scoprire alcuni pionieri del cinema d’animazione come Èmile Cohl, Pat Sullivan e Gaston Velle.