Notizie dal Festival


  • 23 Marzo 2019

L’ULTIMA GIORNATA DELLO SHORT E IL PROGRAMMA SPECIALE DELLA GIURIA

IERI NEL PROGRAMMA DELLA GIURIA: “Abbiamo una responsabilità verso le persone che vengono in Europa in cerca di salvezza e dobbiamo fare il possibile per aiutarle a ricominciare”

NELL’ULTIMA GIORNATA DEL

CA’ FOSCARI SHORT FILM FESTIVAL 9

IL MONDO DI LADISLAS STAREWITCH, PIONIERE DELL’ANIMAZIONE TRIDIMENSIONALE, I FINALISTI DEL CONCORSO SCUOLE SUPERIORI ‘OLGA BRUNNER LEVI’ E, PER  LE NUOVE TENDENZE DALL’ESTREMO ORIENTE CON EAST ASIA NOW, UN CORTOMETRAGGIO CINESE CHE CERCA DI DARE UN SIGNIFICATO NUOVO ALLA FRASE DI MAO “LA RIVOLUZIONE NON È UN PRANZO DI GALA”

VENEZIA, 23 MARZO 2019. Nella giornata di ieri si è svolto l’atteso Programma Speciale della Giuria; un’opportunità per approfondire la conoscenza dei tre membri della giuria internazionale di questa edizione: Teresa Cavina, Ayat Najafi, e Ülo Pikkov. A ogni regista è stato chiesto di presentare alcuni cortometraggi o estratti di lavori da loro diretti o semplicemente scelti per vederli e commentarli insieme al pubblico.

La prima a salire sul palco è stata la programmatrice italiana Teresa Cavina, grande esperta di cinema internazionale e alumna cafoscarina. Nella sua importante carriera è stata, tra le altre cose, responsabile della programmazione e della ricerca, nonché vicepresidente del Festival di Locarno, co-fondatrice e co-direttore artistico della Festa di Roma e direttore della programmazione dell’Abu Dhabi Film Festival. Cavina ha presentato il cortometraggio Condom Lead del 2013, dei registi palestinesi Arab e Tarzan Nasser. Ha scelto questo cortometraggio perché, essendo stato realizzato da due giovani registi all’età di 25 anni, si collega perfettamente alla mission dello Short, e perché rappresenta la sua idea di cortometraggio. Il titolo “Condom Lead” deriva dal nome della missione militare “Cast Lead” compiuta nel 2009 nella Striscia di Gaza, rappresentata qui attraverso un ironico approccio alla tragedia. “Questo film mostra due cose: un intento originale e una compattezza assoluta. Tutti gli strumenti sono finalizzati all’idea che lo regge.” La potenza del cinema dei fratelli Nasser è quella di riuscire a raccontare il dramma della solitudine e della frustrazione sentimentale attraverso uno black humor fatto di gesti più che di parole.

A seguire è salito sul palco il regista e sceneggiatore iraniano Ayat Najafi che ha iniziato la sua carriera nell’ambito teatrale, con il quale mantiene un forte legame anche quando nel 2000 inizia a realizzare i primi lavori cinematografici. Trasferitosi a Berlino, ha vinto numerosi premi con il documentario Football Undercover nel 2008, distribuito anche in Italia. Najafi ha presentato il suo cortometraggio del 2016 Nothing has ever happened here, un mockumentary sugli effetti devastanti di una guerra in Iran, in realtà mai avvenuta. Interessato ad analizzare una realtà che chiama “trasformativa”, decide di sperimentare nei suoi documentari ridefinendo la realtà e immaginando situazioni tragiche e le loro conseguenze. Najafi crede che ogni artista abbia una propria visione della realtà e che debba rimanere onesto con sé stesso nel rappresentarla. Il regista non cerca solamente di narrare al pubblico i propri sogni, ma vuole usare il potere dell’arte per comunicare e lottare contro le ingiustizie e per questo motivo sente molto vicino il tema dell’immigrazione, centrale nel Concorso Internazionale di quest’anno. Najafi ha concluso il suo intervento proprio su questo punto: “Io non appartengo a un solo Paese. Sono iraniano perché i miei ricordi sono legati all’Iran, nient’altro. Abbiamo una responsabilità verso le persone che vengono in Europa in cerca di salvezza e dobbiamo fare il possibile per aiutarle a ricominciare”.

L’ultimo a salire sul palco è stato Ülo Pikkov, produttore, animatore e studioso di fama internazionale. Dal 1996 ha diretto diversi film di animazione pluripremiati, concentrandosi prevalentemente su tecniche sperimentali come in Dialogos (2008) e sulla stop-motion, come in Body Memory (2011) e Zebra (2015). Ha collaborato con i maggiori studi d’animazione del Nord Europa ed è anche produttore di numerosi documentari. L’ambizione di Pikkov è quella di unire questi due generi, combinandone quindi le estetiche. Nel corso della serata, Pikkov ha presentato il cortometraggio Letting Go, realizzato nel 2017 e ispirato a un’antica tradizione giapponese chiamata hinamatsuri: un lavoro parzialmente improvvisato, che potrebbe essere definito una “terapia animata”, durante la quale viene raccontata una storia molto personale. Il secondo cortometraggio presentato è stato Tik-tak, animazione in stop-motion diretta nel 2015. Un film sul tempo e la sua transitorietà, che ha per protagonisti un orologiaio che controlla il tempo e un topo che controlla gli orologi. Pikkov ha concluso il suo intervento annunciando il prossimo progetto su cui sta lavorando: un cortometraggio più intimo e personale che parlerà di sua madre.

L’ultima giornata della nona edizione del Ca’ Foscari Short Film Festival è invece iniziata oggi con la proiezione dei finalisti del Concorso Scuole Superiori Olga Brunner Levi, organizzato dalla Fondazione Ugo e Olga Levi. Il concorso è rivolto a studenti delle scuole superiori di tutto il mondo: i giovanissimi registi hanno partecipato con un cortometraggio originale, incentrato sul rapporto tra condizione femminile e musica nella storia.

I cortometraggi finalisti rappresentano perfettamente l’internazionalità di questa competizione: è americana Heidi Kafer, giovanissima ma già pluripremiata autrice di Bound, corto incentrato sulla battaglia di una ragazza contro il suo disturbo alimentare. Flutura Balaj viene invece dal Kosovo, e ha presentato Shtojzovalle, un film dall’atmosfera fiabesca incentrato sulle creature della mitologia albanese, dotate di poteri soprannaturali e irresistibile fascino, che invitano gli umani a riflettere sui propri rimpianti e sulle opportunità mancate. Il terzo film finalista è Pa Përkufizim, di Era Skivjani, anche lei kosovara; il corto è incentrato su un tema molto attuale: i pregiudizi e le discriminazioni presenti nella società. Oblivion è stato creato da Cagla Karslioglu, proveniente dalla Turchia. Pur così giovane, la regista ha toccato temi profondi narrando le vicissitudini di una giovane ragazza che, mentre cerca di prepararsi per un test d’ingresso universitario, deve combattere contro lo stress post traumatico. L’ultimo corto finalista è della regista romena Bianca Radulescu: Writing’s on the Wall è un video musicale, in cui i protagonisti adolescenti ricreano in una semi-parodia le dinamiche del film Spectre ed è quindi incentrato sull’avventura e il segreto, anche se in un’ottica più leggera.

Il secondo appuntamento della giornata è stato presentato da Carlo Montanaro, in passato direttore dell’Accademia di Belle arti di Venezia e fondatore de La Fabbrica del Vedere. Come ogni anno Montanaro, membro anche del comitato scientifico del Festival, ha portato sul palco dell’Auditorium un programma speciale dedicato al cinema delle origini. In questa edizione ha presentato C’era una volta il 3D, incentrato sul pioniere dell’animazione tridimensionale Ladislas Starewitch. Una carriera iniziata in maniera singolare, visto che Starewitch iniziò ad approcciarsi al cinema come entomologo, per documentare la vita degli insetti. Poiché filmare creature vere era estremamente difficile, il regista cominciò a creare pupazzi verosimili, (in francese marionettes), portandole sullo schermo per la prima volta con la tecnica del passo uno. Fu la svolta per l’artista, che iniziò a girare numerosifilm, sia cortometraggi che lungometraggi, con protagonisti animali dalle virtù umane e personaggi in carne ed ossa. Il regista russo, trasferitosi in Francia dopo la rivoluzione, continuò a lavorare aiutato dalla moglie e dalle figlie.Starewitch si dedicò per tutta la vita all’animazione tridimensionale, costruendo burattini tramite sculture sempre più elaborate. La sua sperimentazione ha unito una grande competenza tecnica con una vivace vena innovativa. Il programma ha documentato tre tappe della sua carriera corrispondenti ad altrettante innovazioni: il colore applicato, il sonoro, il colore realistico. Tra i corti proiettati anche La voix du rossignol, del 1923, Fetiche prestidigitateur, girato nel 1934, oltre a una serie di estratti e inserti particolarmente rappresentativi dello stile dell’artista.

Ultimo programma speciale di questa edizione è East Asia Now a cura di Stefano Locati. L’idea è stata quella di aprire uno scorcio sul panorama dei cortometraggi prodotti e realizzati in Asia Orientale nell’ultimo anno. La selezione ha presentato film da quattro paesi diversi – Giappone, Cina, Corea del Sud e Filippine. A Fly in the Restaurant dei registi cinesi Chen Xi ed An Xu è l’unico cortometraggio d’animazione presentato. Attraverso la vicenda di una mosca fastidiosa che entra in un ristorante e del cameriere che cerca di liberarsene, i due registi cercano di dare un significato nuovo alla frase di Mao “La Rivoluzione non è un pranzo di gala”. A Cog in the Wheel di Lee Gyeong (Corea del Sud) fornisce uno spaccato della lotta per i diritti dei lavoratori in Corea del Sud, attraverso gli occhi di una vittima e di un carnefice fra i tanti. Dal Giappone Kitaguchi Yusuke presenta The Man from the Peninsula, storia dell’incontro, solo apparentemente semplice, di un giovane coreano con la lingua e la cultura giapponese. Judgement di Raymund Ribay Gutierrez racconta la storia di una donna vittima di violenze domestiche nelle Filippine e della sua odissea burocratica e giudiziaria per affermare i propri diritti. A chiudere la nona edizione del Festival si terrà questa sera la cerimonia di chiusura con le premiazioni di tutti i vincitori e la live-performance Cu(l)t! di Cosimo Miorelli e Giorgio Pacorig

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