Dario Argento – Masters of Cinema

Ca’ Foscari Honorary Fellowship to Dario Argento


Ca’ Foscari Honorary Fellowship a Dario Argento

Il “maestro del brivido” Dario Argento è indubbiamente uno dei cineasti che più ha contribuito alla costruzione di innovativi codici e grammatiche cinematografiche a livello internazionale. Ogni suo film, a partire dagli esordi del 1970, si caratterizza per una trama complessa, uno stile visivo visionario, soluzioni stilistiche mai convenzionali, ricercate tessiture di ripresa, un uso sempre avanguardistico delle luci e un’elaborata partitura musicale. Già la sua opera prima L’uccello dalle piume di cristallo (1970) ha segnato un momento di svolta nell’evoluzione del genere poliziesco, con la messa in scena di un detective “impotente” dalle marcate caratteristiche parodiche, cui presto si sono ispirati cineasti di ogni latitudine.
Argento conta all’attivo nelle vesti di regista 19 film, cui si aggiungono numerose altre pellicole dove ha contribuito nel ruolo di sceneggiatore e attore. Ciascuna di queste opere costituisce un punto di riferimento fondamentale per la sperimentazione dei linguaggi cinematografici connessi ai vari generi filmici. Se a partire da Profondo rosso (1975) il suo cinema si arricchisce di elementi sovrannaturali, è sicuramente con il suo capolavoro Suspiria (1977), legato alla storia di una congrega di streghe, che il mondo l’acclama come maestro indiscusso delle strategie della tensione e della nuova dimensione dell’arte surreale. Da questo momento in poi il suo talento sarà riconosciuto come uno dei più significativi della scena internazionale.
Comunemente ritenuto il maestro dell’horror per eccellenza, in realtà Argento ha sperimentato numerosi generi, passando dal poliziesco delle prime pellicole a un film storico come Le cinque giornate (1973), ispirato all’insurrezione armata avvenuta a Milano tra il 18 e il 22 marzo del 1848, preludio della prima guerra d’indipendenza italiana. Con Profondo rosso inizia un periodo di produzione cinematografica che vede alternarsi film spiccatamente horror ad altri più vicini agli stilemi del thriller, come Opera (1987), La sindrome di Stendhal (1996) e Non ho sonno (2001).
Oltre al mondo del cinema, Dario Argento ha lavorato anche nell’ambito teatrale, assumendo la direzione artistica dell’adattamento di Profondo rosso (2007), scritto da Claudio Simonetti, per poi debuttare come regista teatrale dell’opera Macbeth di Giuseppe Verdi (2013). Da allora ha diretto altre due piéce: Lucia di Lammermoor (2015) e Salomé (2017). Per il resto, la sua vena artistica si è estesa anche al mondo della televisione (per esempio scrivendo e dirigendo interi episodi della serie antologica statunitense Masters of Horror o partecipando alla stesura de Gli incubi di Dario Argento per il programma televisivo Giallo) e del videogaming (con il suo videogioco indipendente Dreadful Bond).
Oggi, esattamente a 50 anni dal suo primo film, dopo un periodo dedicato alla scrittura, Dario Argento sta tornando dietro la macchina da presa per il suo nuovo film Occhiali neri, naturalmente già attesissimo in tutto il mondo.

Sul cinema di Dario Argento

Raramente il cinema di Argento si era spinto così lontano per lucidità e voracità ludica. Nella sua apparente invisibilità grezza è un occhio che ne ha viste tante quello del regista italiano, penetrando il buio e il dispositivo filmico come pochi.
Carlo Valeri, “La terza madre” di Dario Argento, Sentieri Selvaggi, 2007

Siamo nel cuore del miglior cinema di Argento, che torna al passato suo più grande, chiamando a sé la famiglia (la figlia Asia, la moglie Daria) e i vecchi collaboratori (Simonetti per le musiche).
Dario Zonta, ‘L’Unità’, 2 novembre 2007

Se l’estrema ambizione di Dario Argento è di restituire ai reduci dai suoi spettacoli il gaudio di sobbalzare a ogni scricchiolio, di guardare sotto il letto e raddoppiare la dose di tranquillante, il ‘terrorista’ del cinema italiano può dirsi contento. Era infatti da un bel po’ che un film non prendeva altrettanto allo stomaco e popolava i nostri sonni di incubi così barbari.
Giovanni Grazzini, ‘Cinema ’75’

Un film di Argento, thriller, horror o psycho-story, non si può raccontare. Non perché si sbriciolerebbe in un lampo, adombrandone il finale. Il fatto è che la forma e la sostanza narrativa e conoscitiva delle sue opere non reggono mai agli esperimenti foto-chimici cui vengono sottoposti da questo furioso serial killer dell’immaginario disciplinato. La luce argentea a lame spettrali, i corpi insostenibili di Stivaletti, il montaggio concitato, e coi freni a disco, di Walter Fasano, capace di improvvisi “surplace”, il martellante soundtrack, spezzano sempre “la storia”, mandano in pezzi ogni dettaglio ben incastonato, impedendogli di diventare escamotage o giocattolone.
Roberto Silvestri, ‘il Manifesto’, 3 gennaio 2004

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