Lo sguardo sospeso

Un programma a cura di Elisabetta Di Sopra.


Per la decima edizione 2020 del Ca’ Foscari Short Film Festival, Lo sguardo sospeso, il programma sulla videoarte italiana di Elisabetta Di Sopra, sarà costituito da un’antologia di opere accomunate da tecniche riconducibili all’animazione. Silvia Grandi, docente di storia dell’arte contemporanea all’università di Bologna e curatrice insieme a Renato Barilli, Guido Bartorelli, Alessandra Borgogelli, Pasquale Fameli e Fabiola Naldi dell’Annuario di Videoarte Italiana Yearbook, ha selezionato cronologicamente delle opere di videoarte che in qualche modo ripercorrono le radici della sperimentazione, imboccando strade che occhieggiano all’evoluzione dei prodotti commerciali dovuta allo straordinario progresso del digitale. Tratte dall’archivio Yearbook 2006 – 2013, lo special include opere di Rebecca Agnes, Giovanna Ricotta, Blu, Diego Zuelli, Virginia Mori, Audrey Coianz, Michele Bernardi, Marco Morandi, Laurina Paperina e Rita Casdia.

 

REBECCA AGNES

A Short Trip in the Other Side of the Galaxy

2005/2006, 6’40”

Diario visivo di un curioso viaggio in una galassia immaginaria. Ispirandosi a un background fanta-scientifico-biologico e trovando semplici ma interessanti soluzioni formali, Agnes propone una visualizzazione invertita di molte delle caratteristiche tipiche della vita sulla terra. Baccelli giganti infestati da civiltà, corpi alieni, abitazioni a bolla di vetro, piante mobili ed altri curiosi “personaggi” nello spazio partecipano al tentativo di visualizzare altrimenti alcuni tratti fondamentali del funzionamento della vita biologica.
Musica: Jermozero

Nata a Pavia nel 1978, Rebecca Agnes vive e lavora fra Milano e Berlino. Diplomata all’Accademia di Belle Arti di Brera nel 2001, realizza video animation insieme a opere di grafica e illustrazioni. Ha partecipato a importanti mostre, personali e collettive in spazi espositivi di grande rilievo tra cui “Galerie Davide Gallo”, Berlin; “Lu.C.C.A. – Lucca Center of Contemporary Art”, Lucca; “Fabbrica del Vapore”, Milano.

 

BLU

Fino

2007, 2’50”

Un segno essenziale e sicuro, quasi duchampiano, in un esordio che indentifica in una macchina (celibe?) l’opportunità di dar vita a una creatura volatile talmente libera e sprovveduta da cader subito preda dell’ineluttabile tela del mortifero ragno.

Blu è lo pseudonimo di un artista italiano che nasconde la sua vera identità. È nato a Senigallia. Vive a Bologna ed è attivo nella street art dal 1999. Considerato uno dei più celebrati writer di sempre, le sue opere sono visibili in tutto il mondo e il suo stile è facilmente riconoscibile. Sono noti per essere “murales in scala epica”. L’artista stravolge la figura umana dando vita a strane creature che esprimono le paure e i disagi dell’umanità. In queste opere emerge prepotentemente una critica all’eccesso di violenza, alla religione, al cittadino schiavo della gabbia mediatica e alle guerre inutili.

 

GIOVANNA RICOTTA

Bamboolychees

2006, 4’10”

Intervento in seno a Openspace, mostra-percorso curata al Centro Candiani di Mestre da cura Laura Facco e Alberto Zanchetta, inserisce nell’essenzialità monocromatica tipica dei primi approcci alla videografica percorsi di rigore geometrico tesi all’individuazione di fluttuanti pianticelle vegetali che segnano uno spazio infinito scandito da rari segni d’arredo.

Nata a Loano (SV) nel 1970, Giovanna Ricotta si diploma presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano nel 1994 e in breve tempo si afferma come artista e performer presentando il suo lavoro in rinomati spazi espositivi italiani. Il corpo è il vero protagonista della sua ricerca estetica che evolvendosi comincia ad inglobare nuovi media – il video, la fotografia, il design – fino a raggiungere una completezza formale che porta le sue opere a essere veri e propri “lavori multimediali”, caratterizzati da una forte interdisciplinarietà.

 

DIEGO ZUELLI

Colli malati

2007, HD video, 3d computer graphics, 1′ 34”, loop

Una mano di dimensioni “divine” accarezza le montagne attorno al centro abitato di Santa Sofia (FC), colpita da forti terremoti negli anni 1917 e 1918. Concepito durante un workshop con Anne e Patrick Pourier.

Nato a Reggio Emilia nel 1979, Diego Zuelli lavora principalmente con il video e gli strumenti della computer grafica. Le infinite possibilità combinatorie dell’immagine sintetica diventano all’interno del suo modus operandi un mezzo per indagare l’esistente e il modo in cui noi percepiamo e rielaboriamo le sue manifestazioni. Coinvolgendo nello sviluppo dei suoi lavori la storia dell’arte, il cinema e la fotografia. Oltre all’attività artistica, insegna computer grafica 3D e animazione in varie realtà pubbliche e private italiane; opera anche nel campo della pubblicità televisiva.

 

VIRGINIA MORI

Il gioco del silenzio

2009, 5’

Un’inquietante crisi di identità nel rifiuto della necessità di un contatto di conoscenza e sostegno, un video pluri-premiato e selezionato in vari festival internazionali, realizzato da circa un migliaio di disegni originali con la tradizionale tecnica del disegno su carta.

Virginia Mori, cineasta e illustratrice italiana di fama internazionale, è nata a Cattolica nel 1981. Attualmente vive e lavora a Pesaro. Le sue opera, generalmente in bianco e nero, sono partorite dalla sua mente e create dalla sua mano con l’ausilio della penna bic, una tecnica apparentemente semplice ma estremamente raffinata che le permette di fermare all’istante le immagini. Le immagini della Mori sono ricche di metafore e simboli, come sostiene la stessa artista, trascritte direttamente dai sogni o in alcuni casi trasposte visivamente, con leggerezza di tratto, da situazioni realmente avvenute. La tecnica e la mescolanza di paure inconsce e sentimenti personali in un immaginario surreale, rendono assolutamente riconoscibile il lavoro della Mori.

 

AUDREY COÏANIZ

Cut /// Fixe

2011, 7’

E’ un corto che riflette il nostro modo di vivere e di ricordare il territorio. “È stato realizzato e prodotto – dice l’artista – in una città francese sotto le Alpi, Annecy. Il mio scopo in questo lavoro è stato quello di portare lo spettatore a una riflessione sulla percezione dello spazio reale, quello che viviamo ma anche quello che sentiamo. Il mio approccio artistico si basa su una composizione e decomposizione delle immagini, oltre alle diverse figurazioni pittoriche e formali per raccontare le diverse realtà.”

Audrey Coïaniz è nata a l’Ile de La Réunion nel 1978; vive e lavora tra Bologna e Marsiglia. Diplomata all’Accademia di Belle Arti Luminy ESBAM con una specializzazione in architettura e disegno dello spazio. In qualità di artista visuale, sviluppa una ricerca sui concetti intercorrenti tra corpo, spazio e movimento, realizzando opere di video-animazione digitale, live performance, istallazioni. In alcuni live lavora sulla manipolazione materica e gli interventi manuali, creando dei paesaggi astratti e onirici. Collega tecniche manuali e digitali per creare racconti animati. La sua tecnica preferita è la pittura digitale usata sul video. È una tecnica molto interessante per la possibilità di creare una successione di quadri animati, trasformando riprese video anche molto semplici in sequenze dalla forte carica espressiva, lavorando in particolare sull’incontro tra manuale e digitale.

 

MICHELE BERNARDI

Djuma

2012, 3’50”

Il ragazzo selvaggio e il branco di lupi. Cresciuto nella foresta, ai margini di una vecchia metropoli abbandonata, il piccolo Djuma si lancia in una corsa surreale incontro a quel buco nero di caligine, lamiera e cemento. Una corsa nel blu, con il cielo striato da nubi, attraversando file ininterrotte di alberi che degradano verso il limite del bosco: sul dorso di uno dei suoi amici a quattro zampe, Djuma sfreccia incontro alla città per darle fuoco, appiccare un incendio e lasciare che il mostro sparisca tra le fiamme. Un rito di purificazione, con cui celebrare l’urgenza di libertà e l’incontaminata supremazia della natura.

Michele Bernardi durante gli anni Ottanta ha lavorato alla serie TV Pimpa, creata da Altan, e a diversi episodi de La Linea di Cavandoli. Ha realizzato diversi videoclip d’animazione per i Tre allegri ragazzi morti, Le luci della centrale elettrica, Prozac+, 24 Grana e altri. Ha inoltre collaborato con i fumettisti Maicol & Mirco e Igort. Nel 2018 il suo cortometraggio Mercurio vince il premio come miglior corto al festival di animazione Animaphix International Animated Film Festival.

 

MARCO MORANDI

We move lightly

2012, 5’

We Move lightly di Dustin O’Halloran (Robert Lippok-Pataphysical Remix): per Marco Morandi questa musica minimalista indica la ricerca incessante in un mondo arido e spigoloso ma ricco di suggestioni luminose, di un principio di vita animale che trasfigura in eleganza e leggerezza l’ingombrante effige di un branco di cetacei.

Marco Morandi nasce a Cotignola nel 1978. Dopo la laurea in Cinema all’Università di Bologna lavora per alcuni anni come operatore video per poi specializzarsi in animazione 3D e trasferirsi a Berlino, dove esplorerà il campo della videoarte, delle installazioni interattive e della produzione di videoclip musicali. Rientrato in Italia, si stabilisce a Milano aggiungendo alla sua produzione anche piccoli documentari istituzionali, integrando l’attività registica con quella artistica. Ha esposto i suoi lavori in varie mostre collettive in Italia e all’estero. Attualmente vive e lavora a Milano. Per Primola ha realizzato nel 2016 il docufilm L’Albaràz nell’isola.

 

LAURINA PAPERINA

How to kill the artists

2013, 6’

Nel suo progetto in più parti intitolato How to Kill the Artists (iniziato nel 2007), Paperina rende omaggio distorto a star dell’arte moderna e contemporanea come Picasso, Marina Abramovic e Takashi Murakami uccidendoli con il proprio lavoro. Murakami, per esempio, viene mangiato vivo da uno dei suoi fiori ghignanti maniacalmente mentre Abramovic si esibisce. La motivazione del suo implacabile abuso è un selvaggio senso dell’umorismo, un commento su forme contemporanee di media e un tentativo riuscito di far luce sulle pretese fin troppo serie del mondo dell’arte di oggi. Nonostante le loro azioni spesso raccapriccianti, i suoi personaggi da bambina sono disarmanti e pieni di spirito.

Laurina Paperina (1980, Rovereto, Italia). Vive a Duckland, una piccola città dell’Universo. Ha esposto le sue opere a livello internazionale, tra cui mostre collettive in gallerie private, fondazioni d’arte, musei e spazi pubblici. Inoltre ha partecipato a festival e fiere d’arte. Lavorando prevalentemente con l’immaginario di eroi contemporanei, Laurina Paperina prende in giro l’arte e la vita nei suoi dipinti, disegni, installazioni e animazioni morbosamente umoristiche. Si descrive come “un’anatra con una testa umana e viceversa (…)” che “non vuole fare arte seria”. Invece lei ridicolizza l’importanza personale dell’impresa artistica, così come la politica, la religione e la cultura pop, attraverso le sue caricature da cartone animato.

 

RITA CASDIA

Stangliro

2013, 4’10”

Il video nasce dall’osservazione del film Metropolis di F. Lang. “Le immagini di Lang – afferma Casdia – mi hanno fatto riflettere sulle rappresentazioni delle masse caratterizzate da un’enfasi impetuosa e monodirezionale che si contrappone all’impotenza della persona che non aderisce a questa forza. A Stangliro, il conflitto tra il “corpo collettivo” e l’indipendenza del singolo personaggio rimane irrisolto, perché nessuna delle due posizioni prevale, accentuando la sconfitta in cui entrambe sono predestinate: il corpo collettivo non genera alcuna forza creativa e il carattere individuale arriva a ottenere un’emancipazione che si manifesta attraverso la conquista del suo linguaggio incomprensibile”.

1977, Barcellona Pozzo di Gotto (Me), Rita Casdia vive e lavora a Milano. Indaga – attraverso la video animazione, il disegno e la scultura – mondi emozionali a metà tra sogno e realtà, popolati da piccole bambole di materiale plastico che vivono o “rivivono” luoghi in cui l’artista ha avuto modo di soggiornare durante, e non solo, le residenze internazionali in Canada, Spagna e Francia. La stessa artista definisce il suo lavoro come un’analisi concreta della crudeltà dell’intimo, perché la possibilità di rendere visibile la sfera sentimentale/emotiva che domina la vita “razionale” di ogni essere umano risulta una sfida irresistibile.

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