Un programma a cura di Flavio Gregori
La presenza dell’artista e cineasta sperimentale inglese Peter Greenaway rappresenta uno dei momenti più attesi dell’ottava edizione del Ca’ Foscari Short Film Festival. Sul palco dell’Auditorium sarà il protagonista di un’intervista a cura di Flavio Gregori, Prorettore alle Attività e rapporti culturali dell’Università, durante la quale presenterà anche una serie di clip tratte dai suoi celebri lavori che traggono la loro forza espressiva da una ricerca artistica incessante.
Pittore, regista, scrittore e videoartista Peter Greenaway nasce a Newport, in Galles, il 5 aprile 1942 e, dopo aver frequentato la Forest School di Londra, decide di diventare un pittore. Studia, quindi, al Walthamstow College of Art e, dopo essersi avvicinato alle opere di Bergman, sogna di fare il regista.
Nel 1962, Greenaway realizza il suo primo cortometraggio Death of Sentiment e, nel 1965, entra a far parte del Central Office of Information, lavorando come montatore e regista per oltre quindici anni. Nel 1980, dirige il suo primo lungometraggio Le cadute, al quale seguono alcune tra le sue opere più celebri: I misteri del giardino di Compton House (1982), con la prima delle tre partecipazioni alla Mostra di Venezia, Lo zoo di Venere (1985), Il ventre dell’architetto (1987) e Giochi nell’acqua (1988), vincitore al Festival di Cannes del premio per il miglior contributo artistico. A questo segue il suo film forse più controverso: Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante (1989). Tra i suoi titoli più noti figurano anche: L’ultima tempesta (1991), Il bambino di Mâcon (1993), I racconti del cuscino (1996), 8 donne e ½ (1999), Le valigie di Tulse Luper (2003-2004), Nightwatching (2007, in concorso a Venezia), Goltzius and the Pelican Company (2014) e il recente Eisenstein in Messico (2015), presentato a Berlino. Nel 2014 riceve il Premio BAFTA alla carriera per il suo contributo al cinema.
Acclamati sono anche i suoi lavori per la lirica, così come le sue installazioni artistiche. Tra quest’ultime è doveroso citare la sua versione digitale di Le Nozze di Cana di Paolo Veronese, terza opera della serie Nove dipinti classici rivisitati. Il progetto, presentato alla Biennale di Venezia del 2009, è stato definito da Roberta Smith, critica d’arte del The New York Times: “la migliore lezione di storia dell’arte senza insegnante che un uomo possa avere.”