Anche ieri sono stati molti gli ospiti e le opere proposte alla quattordicesima edizione del Ca’ Foscari Short Film Festival. L’ospite principale della giornata è stato sicuramente Philippe Le Guay, regista e sceneggiatore francese, intervistato da Gabrielle Gamberini e Marie Christine Jamet sul palco dell’Auditorium Santa Margherita – Emanuele Severino. Le Guay ha ricordato come la sua passione per il cinema ha avuto inizio fin da giovanissimo e dopo gli studi di lettere ha frequentato la scuola francese di cinema IDHEC, che, nel corso della sua carriera, lo ha portato a realizzare film quali Molière in bicicletta, Le donne del 6° piano, Il costo della vita. Alcune clip di questi lungometraggi sono state proiettate insieme a quelle tratte da Tre otto, Normandia nuda e Un’ombra sulla verità e commentate poi dallo stesso regista; un’occasione per riflettere sul palco sulle fragilità dell’uomo: i suoi personaggi possono essere infatti vittime o carnefici, adolescenti in rivolta contro i soprusi o adulti indulgenti nei confronti dei difetti umani. Quello che risalta dalle storie di Le Guay sono i momenti di rottura e gli attimi in grado di disgregare i legami solidi. Infatti, in relazione al suo film più celebre, Le donne del 6° piano, il regista ha spiegato: “in tutte le nostre piccole vite possiamo scoprire piani diversi”, a ricordarci che, a volte, le ‘crepe lungo i muri’ si trasformano in spunti molto più interessanti da cogliere. Proprio da qui nasce il cinema di Le Guay.
Ben dodici sono stati invece i cortometraggi del Concorso Internazionale presentati ieri. Molti i temi raccontati dalle proiezioni dell’Auditorium, a partire dal secondo italiano in concorso che ha inaugurato le proiezioni serali: We should all be futurists realizzato da Angela Norelli. La regista ha presentato un’esaltazione del cinema muto utilizzando gli archivi cinematografici per reinterpretarli in chiave moderna. Attraverso l’uso del montaggio di diversi film muti mostra il dualismo che la società degli anni Venti del Novecento aveva tra il cinema classico e quello futurista. Altro esercizio di stile è stato presentato nel cortometraggio Stabat Mater, opera collettiva di H. Maton, Q. Wittevrongel, A. Mage, C. Thelliez e W. Defrance (Francia), che realizzando un cortometraggio in stop-motion rappresenta il rapporto quasi ossessivo tra l’artista e la sua opera d’arte. Un contesto ricorrente nelle proiezioni è stato quello familiare, cominciando dal corto animato che ha inaugurato il pomeriggio: Devotions di Jessica Goh (Singapore/Stati Uniti), un cortometraggio sulla storia di una famiglia, composta da due bambine e dalla madre incinta, che si ritrova ad affrontare un tifone che si abbatte sulla loro casa; affrontando la tempesta come una prova divina, sono tutte portate a proteggersi l’un l’altra, ognuna a modo suo. Torna il motivo familiare in Dielli, il cortometraggio di Dritero Mehmetaj (Repubblica Ceca/Kosovo), che mette in scena il contrasto generazionale tra il protagonista e il padre, con cui cerca di ricostruire un rapporto nonostante i problemi di alcolismo di quest’ultimo; il finale aperto invita alla riflessione sulla redenzione e sul rapporto dinamico dei due personaggi. Ad indagare il rapporto genitori-figli è anche Fragments of us di Ido Gotlib (Germania), un’opera concettuale in cui Samuel, grazie all’ausilio di una terapia del suono sperimentale, riesce a rivivere i ricordi del rapporto con i suoi genitori negli ultimi mesi di vita del padre. Il passato è riportato alla memoria proprio grazie alla percezione sonora esperita da Samuel che gli permette di rivivere il complesso rapporto con la famiglia e lo spinge a un risultato inaspettato. Ritroviamo il tema del ricordo anche in Memoir rambler del regista Sira Buranasri (Tailandia) che, utilizzando uno stile simile a un’intervista intima tra sé e la madre, accosta una visione onirica delle azioni, in bianco e nero, ad una documentaristica, propria degli scambi di battute con la madre. Non manca il motivo romantico, declinato in varie forme: Romeo di Tynystan Temirzhan (Kyrgyzstan) è la storia di un ragazzino che decide di confessare il suo amore a una compagna di classe il giorno della recita: lei per lui è Giulietta, e lui vuole essere il suo Romeo. Il corto è ambientato in un vecchio edificio abbandonato, metafora del livello di cultura del Kirghizistan e dell’ignoranza spirituale della società: i due personaggi, afferma il regista, “rappresentano la speranza, un piccolo faro in quest’epoca di degrado di massa”. Si è proseguito poi con Apnea di Natalia Bermúdez (Messico), che tratta della relazione segreta di Renata, la protagonista, con la sua istruttrice di nuoto, Liliana. L’opera vuole porsi in controtendenza con il racconto canonico degli abusi in contesti educativi, dove la vittima è spesso delineata come priva di agency. In questo caso, invece, traspaiono chiaramente le dinamiche di potere celate dietro la relazione tormentata, in un contesto sfumato e non superficiale. Riflette invece sulla natura di una relazione finita Closer di Augustė Gerikaitė (Lituania), che descrive il rapporto tra Bernardas e Silvija, ex coniugi che dividono ancora la stessa abitazione. La regista vuole indagare un rapporto in cui dominano la mancanza di comunicazione e il disagio, fin quando un imprevisto fa ricordare ai due il momento in cui si sono innamorati. Il cortometraggio approfondisce quanto il ricordo del passato posa far emergere nuovi sentimenti e se la burocrazia possa qualcosa di fronte ai sentimenti che sono per natura altalenanti e spontanei. Il rapporto coniugale è centrale anche in Alvida – The last goodbye della regista Dilu Maliackal (India) – ultima proiezione della giornata – ma è qui raccontato come assenza. Il tema dei confini e della migrazione si intreccia con quello del ruolo femminile e della perdita, mentre lo spettatore ripercorre il viaggio della protagonista Miraal alla ricerca del marito. In viaggio, seguiamo anche il protagonista del lavoro della regista Maria Viktorova, Sasha (Russia). Il personaggio che dà nome al corto si ritrova a dover affrontare un destino imprevisto, legato a una misteriosa anziana incontrata in treno, che lo porta a rivedere la sua decisione di non ritornare mai più al suo villaggio natale. È stato poi presentato Off the page, di Joan Oliver Nadal e Diego Gomez Tejedor (Spagna), un cortometraggio che invita lo spettatore a riflettere sul confine tra realtà e finzione e sull’accettazione del proprio destino: Phill, infatti, scopre di vivere all’interno di un romanzo e inizia un viaggio alla ricerca dell’autore con l’obiettivo di evitare la morte della moglie.
Quest’anno, il Programma Speciale Pensieri dal Set, è stato dedicato alla fotografa e regista giapponese Ninagawa Mika. La regista, tramite un video messaggio, ha ribadito il ruolo centrale che la condizione femminile riveste nelle sue opere, nate proprio con l’intento di dare potere alle donne e create trasformando la sua rabbia in creatività. In seguito, è salita sul palco Kusakabe Keiko che, insieme a Roberta Novielli, ha ripercorso i momenti salienti della carriera della regista. Dopo la proiezione dei trailer di tre film di Ninagawa, Helter Skelter (2012), No Longer Human (2019) e xxxHOLiC (2022), è stata presentata l’edizione italiana dell’autobiografia della regista, Diventare Ninagawa Mika, un’interessante analisi delle dinamiche che hanno dato origine alle sue opere e che hanno stimolato la sua produzione artistica. A seguire, l’Auditorium ha accolto l’esperta di cinema indiano Cecilia Cossio, curatrice del programma dedicato al regista Faraz Arif Ansari che, non presente in sala, ha voluto salutare e ringraziare gli spettatori dello Short attraverso un video messaggio. Il Festival ha dedicato uno spazio a un regista che, attraverso la sua filmografia, ha dato luce a tematiche sociali attualmente rilevanti: i suoi film raccontano infatti momenti di vita e difficoltà delle minoranze LGBTQIA+ in India e in altri Paesi. Per l’occasione sono stati proiettati tre cortometraggi. Il primo di questi, Siberia (2015), è incentrato sulle proiezioni di una donna con un fragile stato mentale, mentre gli altri due corti abbracciano il tema di relazioni considerate tabù, come i protagonisti di Singulto (2017) e quelli di Milk and Dates (2021). Ad aprire la seconda giornata del festival era stato il VideoConcorso ‘Francesco Pasinetti’, programma ricorrente dello Short, durante il quale il pubblico ha potuto visionare alcuni dei lavori vincitori della ventunesima edizione della rassegna, che anche quest’anno ha avuto un focus particolare sulla città di Venezia, come Sono la turista del mio viaggio di Muyi Li e Arcano veneziano di Serge Turgeon.