Allo Short 13 trionfano le tematiche sociali e i diritti umani: dall’Austria al Messico, dall’Iran alla Corea s’innalza un unico inno sulla necessità di riconoscersi prima di tutto come esseri umani
INVISIBLE BORDER di Mark Gerstorfer (Austria) è il vincitore del Concorso Internazionale del Ca’ Foscari Short Film Festival 2023
L’animazione italiana FLY HIGH dal CSC del Piemonte vince la Menzione speciale “WeShort” per l’opera che offre la migliore sperimentazione nei linguaggi cinematografici, mentre quella del “Museo Nazionale del Cinema” va a RETURNING SOUTH di Sofia Ayala
BLOODY GRAVEL vince per la miglior sceneggiatura, il coreano REMEMBER OUR SISTER per la fotografia e WINTER BLOOM per la colonna sonora. Il premio per la multiculturalità va invece al turco FOOTPRINTS OF ANTS
CONCORSI COLLATERALI:
L’australiano Jack James Parry trionfa al Music Video Competition con Object of Life
The Anxieties di Anežka Kozlová e Matyáš Lada (Rep. Ceca) è il vincitore del decimo Concorso Scuole Superiori
GLI INCONTRI CON AMOS GITAI E MANUELE FIOR:
Il regista israeliano: “Mi preoccupa la deriva autoritaria del mio Paese, è impossibile negare la natura cosmopolita del mondo in cui viviamo
L’autore del manifesto di quest’anno: “Venezia città unica, lo Short contribuisce a rivelarne la vera anima”
Il cortometraggio Die Unsichtbare Grenze – Invisible Border (Austria, 26’40’’) di Mark Siegfried Gerstorfer, prodotto dalla Filmakademie Wien, è il vincitore del Concorso Internazionale della tredicesima edizione del Ca’ Foscari Short Film Festival, il primo festival in Europa interamente organizzato e gestito da un’università, che si è sviluppato anche quest’anno in forma “diffusa” per tutta Venezia, con proiezioni che si sono svolte, oltre che allo storico Auditorium Santa Margherita, anche in altre sedi partner tra musei e istituzioni culturali. Il Festival è realizzato con la collaborazione della Fondazione di Venezia e al supporto di NH Venezia Rio Novo, il Museo Nazionale del Cinema di Torino, la piattaforma italiana di cinema on demand’breve’ WeShort, la più antica azienda produttrice di prosecco Carpenè-Malvolti, Cinit – Cineforum Italiano, la Municipalità di Venezia – Murano – Burano, il Conservatorio di Musica “Arrigo Pedrollo” di Vicenza e le Giornate della Luce di Spilimbergo, festival dedicato ai maestri della fotografia del cinema italiano.
Insieme alle premiazioni, la cerimonia di chiusura del Festival è stata impreziosita dalla performance musicale di Giovanni Dell’Olivo che si è accompagnato con una chitarra flamenca esibendosi in trio con Alvise Seggi al violoncello e Serena Catullo alla voce. I tre hanno eseguito alcuni brani del repertorio tradizionale veneziano mentre sullo schermo scorrevano immagini di film ambientati in laguna, creando un’atmosfera molto suggestiva.
La Giuria Internazionale, composta dall’artista multimediale e regista Mika Johnson, dall’animatore statunitense Robb Pratt e dall’attore Roberto Citran, ha assegnato i principali premi del Concorso Internazionale. I primi tre premi sono stati realizzati in prestigioso vetro di Murano dai mastri vetrai del consorzio PROMOVETRO – Vetro Artistico di Murano. In aggiunta, il regista vincitore del primo premio ha ricevuto un’opera d’arte in vetro realizzata dagli artisti Cosima Montavoci e Lorenzo Passi.
Il Primo premio al miglior corto del Concorso, consegnato dal giurato Robetro Citran al regista stesso, è andato a Die Unsichtbare Grenze – Invisible Border di Mark Siegfried Gerstorfer, con la seguente motivazione:
Con una regia sapiente, una sceneggiatura pressoché perfetta e un’interpretazione impeccabile (straordinaria la protagonista Temiloluwa Obiyem nel ruolo della poliziotta) il film ci racconta come uno Stato, attraverso le fredde regole della burocrazia, possa esercitare la sua disumanità. Il fatto che l’agente che deve eseguire la deportazione di una famiglia d’immigrati abbia a sua volta un’esperienza d’immigrazione, rende ancora più drammatica la vicenda.
Una famiglia albanese viene svegliata dalla polizia austriaca per essere sfrattata dall’appartamento in cui ha messo radici e deportata in Kosovo nel cuore della notte, a causa di un’irregolarità nei documenti. Le due polarità che si contrappongono nel film sono separate da un confine invisibile, limite che però viene sistematicamente sorpassato dalla poliziotta Nancy, combattuta tra il dovere che la divisa le impone e la tenerezza che la piccola della famiglia le suscita.
La Giuria ha assegnato inoltre la Menzione speciale “WeShort”, per l’opera che offre la migliore sperimentazione nei linguaggi cinematografici, all’unico italiano in concorso, il cortometraggio d’animazione Fly High (Italia, 6’39”) di Giuseppina Fais, Lorenzo Pappa Monteforte, Kevin Rosso e Yagiz Tunceli dal Centro Sperimentale di Cinematografia del Piemonte. L’opera è stata premiata con la motivazione:
C’è un modo di dire nel mondo del cinema: per le opere in live action, prima si dirige il film, poi lo si monta. Nell’animazione, prima si monta il film, poi lo si dirige. Per il suo ritmo serrato e la narrazione chiara che esprime in modo efficace i temi della mentalità di branco, dell’isteria di massa e il pericolo di saltare alle conclusioni sbagliate.
Questo corto rappresenta un’ulteriore prova delle grandi potenzialità narrative che l’animazione offre. Fly High è una satira sociale dai colori sgargianti.
La Menzione speciale “Museo Nazionale del Cinema”, per l’opera che offre il miglior contributo al cinema come espressione artistica, è andata a Volver al Sur – Returning South di Sofia Ayala (Germania/Messico, 14’53”), realizzato per la German Film and TV Academy Berlin. Il premio, consegnato dal membro della giuria Mika Johnson a una regista visibilmente emozionata, consiste in un prestigioso libro fotografico sul cinema e una targa. L’opera è stata premiata con la motivazione:
Poiché molti dei film in concorso sono caratterizzati da regie fortemente artistiche, premiare il miglior film d’arte non è stato facile. Abbiamo scelto quest’opera per la sua padronanza della messa in scena, che include ottimi costumi, make-up, fotografia, stile recitativo, location e molto altro. Al tempo stesso l’uso della musica e del sound design è altrettanto artistico, poiché contribuisce a mantenere l’unità di tutti gli altri elementi che compongono il film.
Volver al Sur è il cortometraggio di Sofia Ayala che racconta il viaggio di un fratello e di una sorella che trascinano il cadavere del padre per attraversare il confine messicano e seppellirlo nel luogo che era la loro casa.
Il nuovo premio per la miglior sceneggiatura del Concorso è invece stato assegnato da una giuria specifica, composta da Domenico Scimone, Eduardo Fernando Varela, Roberto Tiraboschi e Alessandro Loprieno che ha deciso di premiare con la Menzione speciale “Storie di Vitae” Carpenè-Malvolti il cortometraggio Bloody Gravel (Iran, 18’14”) del regista iraniano Hojat Hosseini, studente della Tarbiat Modares University di Teheran. La motivazione del premio, consegnato dal CEO di Carpenè Malvolti Domenico Scimone, è la seguente:
Per la tensione del racconto ben equilibrato e senza cedimenti, per la costruzione dei personaggi e dei dialoghi e la descrizione di un confine che è anche metafora di quello mentale.
Un viaggio stremante verso l’ignoto caratterizzato dall’incapacità di scegliere. La narrazione di una fuga da tradizioni culturali opprimenti. L’unica drammatica possibilità di sopravvivenza è offerta dai trafficanti, coloro che vivono mercificando la disperazione di un popolo in fuga.
La Menzione speciale “Le Giornate della Luce” per la miglior fotografia è stata assegnata da una giuria apposita composta dal Presidente dell’associazione “Il Circolo” Donato Guerra, dall’organizer e programmer del festival Silvia Moras e dal giornalista cinematografico Luca Pacilio. La Menzione è andata a Eonnileul Gieoghae – Remember Our Sister (Corea del Sud, 28’55”) della giovane regista coreana Hayoung Jo proveniente dal Dong-Ah Institute of Media and Arts, ed è stata consegnata da Donato Guerra con la seguente motivazione:
Per come integra il linguaggio visivo (luci, toni, atmosfera, movimenti di camera) alla narrazione del film e per la fluidità e la coerenza di registro con le quali asseconda momenti musicali e drammatici.
Remember Our Sister denuncia in maniera originale attraverso il genere del musical la condizione delle comfort women attraverso la narrazione di uno dei tanti episodi di violenza di cui furono teatro le basi americane nella Corea degli anni Ottanta.
La Menzione speciale “Conservatorio di Vicenza” alla miglior colonna sonora, assegnata da una giuria apposita composta da Davide Tiso, Lorenzo Pagliei, Pierangelo Valtinoni, Pietro Tonolo ed Elisabetta Andreani, è andata al corto polacco Rozkwit Zimowy – Winter Bloom (Polonia, 29’59”) diretto da Ivan Krupenikov e prodotto dalla Warsaw Film School. Il premio, consegnato dal compositore e multimedia designer Davide Tiso al regista stesso, è stato assegnato con la seguente motivazione:
La colonna sonora è elemento fondamentale dell’opera filmica: arricchisce la fruizione del pubblico trasformando la narrazione in un’esperienza sensoriale completa, valorizza l’opera amplificandone la valenza semantica ed emotiva. L’intelligente regia del suono di questo film ha saputo unire in modo organico tutti gli elementi principali di una colonna sonora efficace, armonizzando il sound design originale con i temi musicali, il foley e il parlato. Un plauso particolare va anche al lavoro di mixaggio degli elementi sonori.
Winter Bloom pone lo spettatore di fronte allo scenario desolante di una catastrofe ecologica, di un mondo distrutto da un’umanità che non ha saputo averne cura e che ora paga, con la malattia e con la morte, le conseguenze del proprio sogno di onnipotenza.
È stato invece il turco Ümit Güç a vincere il Premio “Pateh Sabally” per la multiculturalità con il suo Footprints of Ants (Turchia, 15’). Il premio, offerto dalla Municipalità di Venezia, Murano e Burano e dedicato al ragazzo del Gambia scomparso nelle acque del Canal Grande nel gennaio 2017, è ancora più significativo non solo per le importanti tematiche trattate dal corto, ma anche per la decisione del regista di non partecipare al festival per aiutare i suoi connazionali nelle zone terremotate, ai quali il festival esprime la propria solidarietà e non può che supportare il toccante video messaggio che il regista ha mandato al pubblico in occasione della cerimonia. Il premio è stato consegnato dal Presidente della Municipalità di Venezia, Murano e Burano Marco Borghi con la seguente motivazione:
Il film propone una storia intensa che ci parla di dolore e di morte. Che parla di guerra. Non manca, però, il messaggio di speranza: grazie ai bambini si superano le barriere costituite dalla diversa etnia. E sembra che il regista ci inviti a seguire le loro tracce. Solo i bambini possono elaborare pensieri che vincono le divisioni.
Attraverso una potente metafora – quella delle formiche – Ümit Güç racconta una storia universale di convivenza e migrazioni. Le vicende si dipanano sullo sfondo di una tendopoli ai confini tra Turchia e Siria, dove rifugiati curdo-siriani e locali si trovano a condividere faticosamente gli stessi spazi di vita e di lavoro nei campi di cotone. È solo grazie a due bambini che decideranno di nascondersi insieme – la siriana Evin e il turco Barış – che i due gruppi, per ritrovarli, dovranno riuscire a superare le loro differenze. Una storia di viaggio, non solo quello fisico che devono affrontare i migranti, ma anche quello metaforico di essere umani che, unendosi, possano cambiare il proprio destino.
Passando ai concorsi collaterali, è stato poi annunciato il vincitore della settima edizione del CINIT Music Video Competition, concorso dedicato a videoclip musicali realizzati da studenti di scuole di cinema o di università da tutto il mondo. A vincere è stato Object of Life dell’australiano Jack James Parry dalla Deakin University, con una storia giocosa sui pericoli del lavoro per raggiungere obiettivi materiali nella vita. Inoltre, la giuria composta dal produttore e regista Giovanni Bedeschi, dalla giornalista Alice D’Este e dal membro del direttivo di CINIT Giordano Giordani ha voluto riconoscere nominalmente una menzione speciale al video Zeus di Nicco Nn. Il premio per il miglior videoclip è stato assegnato con la seguente motivazione:
Perché interpreta perfettamente l’andamento musicale raccontando una storia esistenziale in cui tutti ci riconosciamo. Il climax ascendente e discendente è perfetto nei tempi e nei modi. Disegno e montaggio originali restituiscono allo spettatore 3 minuti di spumeggiante e incessante racconto che non nasconde una bella riflessione sul valore delle cose della vita.
È stato poi premiato il vincitore della decima edizione del Concorso Scuole Superiori. Il premio è dedicato al miglior cortometraggio realizzato da studenti delle scuole superiori di secondo grado di tutto il mondo. Una giuria composta dastudenti di Ca’ Foscari, ha decretato come vincitore il documentario Úzkosti – The Anxieties di Anežka Kozlová e Matyáš Lada, due giovani studenti liceali dalla Repubblica Ceca che hanno raccolto le testimonianze di dieci persone che hanno vissuto e superato l’ansia. Il premio è stato assegnato con la motivazione seguente:
Per la capacità di trattare con evidente profondità e consapevolezza la tematica affrontata e tradurla altrettanto efficacemente in termini estetico-formali.
A conclusione della cerimonia di premiazione, la direttrice artistica e organizzativa del festival Roberta Novielli ha ringraziato i quasi 200 volontari cafoscarini che, con entusiasmo, passione e impegno, hanno reso possibile la realizzazione del festival e ha dato appuntamento al prossimo anno per la quattordicesima edizione del Ca’ Foscari Short Film Festival.
Gli incontri con Amos Gitai & Manuele Fior
Tra gli ospiti più importanti di questa tredicesima edizione del Ca’ Foscari Short Film Festival c’era Amos Gitai, uno dei più importanti registi israeliani degli ultimi decenni. Tra le tematiche del suo cinema rientrano spesso la guerra, la politica e la complessa situazione del Medioriente, sempre analizzata con occhio critico in particolare quando a finire sotto i suoi riflettori è il suo Paese natio, come in alcune delle sue opere più celebri quali Esther (1986), Kippur (2000) e Ana Arabia (2013). Gitai si è collegato da remoto, perché attualmente impegnato nella realizzazione di un’importante pièce teatrale basata sul suo cortometraggio del 1980 House che giocherà molto sulla partecipazione del pubblico. Nonostante la brevità dell’incontro, il regista israeliano, rispondendo a una serie di domande, non ha negato la propria preoccupazione per la deriva autoritaria del proprio Paese, ma ha anche avuto modo di esprimere la propria poetica artistica. Ha definito il proprio eclettismo come risultato del corso naturale della sua vita, della sua volontà continua di sperimentare, di rendere visibili le innumerevoli possibilità d’interpolazione artistica (come nell’inizio di Kippur, dove il cinema si fonde con la pittura), e dell’attenzione per un mondo, di cui, a parer suo, non può essere nascosta la natura sempre più cosmopolita. In pochi minuti Gitai è riuscito a trasmettere al pubblico del festival l’importanza del cinema che tratta del reale, impegnato socialmente. Il regista prima di congedarsi ha espresso la speranza (forse la promessa) di ritornare allo Short il prossimo anno, questa volta di persona, non nascondendo il proprio amore per l’Italia che, per le somiglianze con la sua terra, ha più volte definito come una “seconda casa”.
L’ultimo programma speciale prima della cerimonia di chiusura è stato l’incontro con il fumettista e illustratore Manuele Fior, anche autore del manifesto di questa edizione, intervistato sul palco da Davide Giurlando. Laureato in architettura a Venezia, Fior ha sempre portato avanti parallelamente ai suoi studi la passione per il disegno.
Durante l’intervista l’autore ha accompagnato il pubblico all’interno del suo processo creativo, un pentolone d’idee e spunti in cui mescola sapientemente trovate originali ed elementi “rubati” a coloro cui s’ispira, per giungere alla realizzazione di opere estremamente personali e dallo stile inconfondibile.
Vive da qualche anno a Venezia dopo aver viaggiato molto, in un “pellegrinaggio” che lo ha ispirato per numerose opere, tra cui Cinquemila chilometri al secondo (2010), la cui stesura gli ha fatto porre delle domande su se stesso e su che direzione stesse prendendo la propria vita e, più recentemente, Hypericon (2022), la sua ultima fatica, dove la protagonista è la Berlino di fine anni 90.
Nelle sue opere estrema importanza è data al colore, che assume spesso un ruolo centrale. Basti pensare a La signorina Else (2017), dove la storia parte con un’ampia palette di colori ma, più la tragedia si sviluppa, più questa si restringe, arrivando ad avere solo il nero. Fior ama imparare dal passato e lo ha ritenuto essenziale per la realizzazione di questa graphic novel, riadattamento del libro di Arthur Schnitzler del 1924, per la quale ha studiato i canoni estetici di un’altra epoca per riportare fedelmente la fisionomia dei protagonisti. L’illustratore afferma: “Quando un autore deve entrare nella pelle di un personaggio esistito cento anni prima, lo fa guardando anche il lavoro degli altri disegnatori del passato”, nominando Klimt e Grunt tra le sue ispirazioni.
Uno dei suoi più lavori più celebri è sicuramente Celestia (2019), che ha deciso di ambientare a Venezia disegnandola come la “città che sarebbe potuta essere” in uno scenario post-apocalittico, arricchendola con elementi architettonici immaginari. La descrive come una sorta di miracolo vivente, una città unica, così diversa nel profondo da come la immaginano i turisti. Proprio per questo ha affermato che eventi culturali come il Ca’ Foscari Short Film Festival sono un ottimo modo per far immergere più persone possibili nella “vera” anima della città.