Notizie dal Festival


Comunicati del 29 maggio

Press releaseCa’Foscari Short Film Festival – I° edizione
– Testimonianze di vita quotidiana dal carcere via MMS, una città che si distorce, terre mistiche, ragazze sonnambule, viaggi di ricongiungimento, storie d’amicizia e viaggi nella storia: tanti temi forti nei corti in concorso e nei programmi speciali al  CA’ FOSCARI SHORT FILM FESTIVAL.
– L’omaggio ai giurati internazionali (VALERIO MASTANDREA,MARIO HANDLER,THEO ESHETU), a FRANCESCO PASINETTI e a CHET BAKER
La prima iniziativa congiunta tra Palazzo grassi e Ca’Foscari

Press releaseCa’Foscari Short Film Festival – I° edizione
– Testimonianze di vita quotidiana dal carcere via MMS, una città che si distorce, terre mistiche, ragazze sonnambule, viaggi di ricongiungimento, storie d’amicizia e viaggi nella storia: tanti temi forti nei corti in concorso e nei programmi speciali al  CA’ FOSCARI SHORT FILM FESTIVAL.
– L’omaggio ai giurati internazionali (VALERIO MASTANDREA,MARIO HANDLER,THEO ESHETU), a FRANCESCO PASINETTI e a CHET BAKER
La prima iniziativa congiunta tra Palazzo grassi e Ca’Foscari

VENEZIA, 29 MAGGIO. La terza giornata del Ca’ Foscari Short Film Festival ha regalato a tutti i presenti in Auditorium Santa Margherita ancora molte suggestioni e momenti di bel cinema.

A cominciare dai cortometraggi del Concorso Internazionale.

In Winter, della francese Tessa Joosse,  un uomo cammina per le strade vuote di una città dall’aria decadente. I suoi pensieri sono talmente forti e intensi da portarlo a urlare e cantare ad alta voce, pur di fermarli. In una città che si distorce, la sua voce troverà un coro e, con esso, un messaggio di speranza.

Dreaming Girl, del duo cinese River Huang e Zhong Zuyao, è la storia di una ragazza sonnambula, guidata nelle sue passeggiate notturne dal proprio psichiatra, che riprende con una telecamera le reazioni della gente alla sua patologia.

Con Des Murs, della coreana Hayoun Kwon, si assiste a un viaggio personale nei ricordi della storia di due paesi: il Giappone e la Corea, durante il periodo di occupazione di quest’ultima tra il 1910 e il 1945. Il racconto si snoda soprattutto nella prigione Seodaemun che una volta veniva usata per detenere gli attivisti che si ribellavano al regime giapponese e ora è stata trasformata in un museo. La protagonista, un’ artista coreana, ritornata al suo paese, confronta il cambiamento avvenuto su quel muro ricoperto di storia.

Little/boy, del giapponese Kudō Wataru, è la storia dell’amicizia tra il piccolo Kotarō e Sachi, la ragazza del suo allenatore di baseball. Dopo un’iniziale diffidenza, i due imparano a conoscersi e piacersi, in un legame speciale fra un bambino e una giovane donna.

Shangri la, del francese Alexandre Maubert, è, secondo la mitologia Buddista, una terra mistica, uno spazio che appartiene al mondo terreno ma che allo stesso tempo non può essere collocato su una cartina. È a questa terra mistica che si stanno ispirando i designer della città di New Songdo, tecnologica e insieme sostenibile grazie all’ecologia?

In Jagjeet, dell’indiano Kavanjit Singh, la storia si svolge principalmente intorno a due amici, Jagjeet appunto e Kuldeep e a tre giorni fondamentali delle loro vite. Il primo giorno riguarda il passato, la loro forte amicizia in un periodo felice, il secondo descrive la sommossa di Delhi nel 1984 nella quale uno dei due amici viene ucciso; il terzo e ultimo giorno è ambientato una settimana dopo la rivolta.

Viki Ficki,dell’italo-ceca Natalie Spinell. È la storia della giovane Viki, ragazzina che affronta la sfida di presentare ai suoi compagni di classe il lavoro che fa la madre,  attrice in filmetti porno.

Left Hook, del singaporiano Muhammad Salihin bin Ramli, racconta di  Sonya, ragazza che, per scappare dai soprusi del padre alcolizzato, si dedica anima e corpo al pugilato.

19° Sur, 65° Oeste, dell’armeno Juan David Taborda Soto è un viaggio di ricongiungimento.

Calice ha lasciato la Colombia più di venti anni fa per motivi politici e ora  vorrebbe tornare, ma non può. I suoi figli, invece, si sono fatti una vita  in Uruguay. Sarà il figlio Juan a cercarlo ed a riuscire  a riportarlo nella sua  Colombia.

 

La prima edizione del Ca’ Foscari Short Film Festival può contare su una giuria internazionale, in linea con l’aspetto cosmopolita dell’evento e dei corti in concorso.

Ai giurati ( Valerio Mastandrea,Mario Handler,Theo Eshetu ) è stato dedicato un programma speciale:Jury Members as Filmakers, con la presentazione di cortometraggi da loro realizzati.

Trevirgolaottantasette, è l’esordio alla regia per Valerio Mastrandrea, che si aggiudica con quest’opera il Nastro D’Argento. Il documentario affronta la tematica delle morti bianche.

Mastandrea racconta una giornata come tante in un cantiere romano, che diventerà teatro di una tragedia evitabile che costerà la vita a qualcuno. Basta un attimo di distrazione, infatti, a cambiare il corso degli eventi. Andrea, il protagonista, vede uno dei tubi, non fissato per bene durante il montaggio, staccarsi dall’impalcatura e cadergli addosso. Lo osserva esterrefatto mentre intorno a lui tutto subisce un repentino mutamento. Si scatena una festa, la musica esplode ad alto volume e le luci catturano lo sguardo, camerieri indaffarati si inseguono e una ragazza bellissima gli si avvicina e lo invita a ballare. Ma è solo un’allucinazione: Andrea è a terra, moribondo e intorno a lui c’è una dottoressa che, con l’aiuto di due infermieri, sta cercando in ogni modo di salvargli la vita. E 3,87, come spiega una didascalia, è la media delle persone che ogni giorno in Italia muoiono in seguito a un incidente sul lavoro.

Lightning Strikes, di Theo Eshetu è un video sulla storia dell’obelisco di Axum.

Se i monumenti hanno la caratteristica di fissare nel tempo un dato evento, di avere un valore simbolico congelato nei secoli, un’eccezione deve essere fatta per l’obelisco di Axum, probabilmente l’unico monumento al mondo che si è trasformato col passare degli anni. Creato nel 4°secolo A.C come simbolo pagano, divenne poi simbolo per la monarchia dell’antico regno di Axum e in seguito adottato dalla chiesa Copta, la stessa che trasformò Axum nella capitale religiosa dell’Etiopia. Nel 1934 il monumento fu trasportato a Roma come trofeo di guerra e montato di fronte al Ministero delle Colonie, che dopo la guerra sarebbe diventato la sede centrale della FAO, trasformandolo, così, in un simbolo per la lotta alla fame nel mondo. Dopo anni di delicati e controversi dibattiti per la sua restituzione fu dichiarato troppo fragile per lo smontaggio e il rimpatrio.  Solo quando fu colpito da un fulmine, fu finalmente presa la decisione di riportarlo in Etiopia, dove è soprannominato l’obelisco di Roma e simboleggia l’inizio di una nuova era dopo il post-colonialismo.

Secondo il regista,  la stele “nasce come simbolo fallico pre-cristiano, emblema del potere.  In seguito alla diffusione del cristianesimo diventa un simbolo religioso, nonché simbolo del Paese. Durante la colonizzazione italiana, la stele viene trafugata, e portata in Italia come trofeo di guerra, a significare la conquista e sottomissione del popolo etiope.  Il difficile processo di restituzione all’Etiopia simboleggiò la fine dell’era post-coloniale”.

Nel lavoro di Eshetu si incontrano l’esperienza del video-artista,  tra musei e  gallerie d’arte, e la produzione di documentari per la televisione, con uno stile visivo particolare e unico, in cui manipola il linguaggio televisivo come forma di espressione artistica e unisce una ricerca formale sui nuovi linguaggi del cinema elettronico. I temi e gli argomenti sono tratti dall’antropologia e dalla semiotica per creare un commento personale sulla natura espressiva del video e sull’impatto che ha avuto e ha nella cultura contemporanea. In merito alla problematica delle relazioni interculturali, afferma che in Italia quello dell’integrazione culturale è un problema ancora “nuovo” in confronto agli altri paesi europei. Il regista è orgogliosissimo della sua multiculturalità ( è nato a Londra da madre olandese e padre etiope , dal 1982 vive a Roma)  ed è proprio attorno a questo argomento che ruota la sua poetica artistica.

A chi sta cominciando a fare cinema, come i giovanissimi registi delle scuole di cinema di tutto il mondo presenti al Ca’ Foscari Short Film Festival, Eshetu consiglia di non ascoltare nessuno, e di scegliersi una guida fra le persone che più si stimano.

E in merito ai cortometraggi in concorso, pone l’accento sulla qualità delle opere presentate, segno che probabilmente il livello qualitativo delle scuole di cinema si stia alzando.

En Pragadi Mario Handler, è un documentario che l’artista realizza muovendosi per le vie di Praga con una telecamera tra le mani. Lo strumento indaga, persiste su dei particolari, si perde e si esalta, conferendo vitalità a questa sorta di vagabondaggio.

Il cineasta lavora al confine tra il documentario e la vita reale, da cui emerge una forte componente etica. Il corto è una testimonianza del suo soggiorno a Praga nel 1964, mentre si trovava in Cecoslovacchia per uno stage di sette mesi, presso la famosa scuola FAMU. Il film voleva documentare la sua esperienza nel paese, ma risultò essere scomodo. E’ stato presentato al Festival dei Popoli di Firenze, ma fu rifiutato. E’ un film poco conosciuto, ma vuole essere un esempio per i giovani, il messaggio che manda loro è quello di un’esortazione all’iniziativa.

I temi trattati dal regista sono spesso legati a tematiche sociali scottanti, quali la politica, l’emarginazione, la condizione della classe operaia, e del popolo uruguaiano.

 

In conclusione di giornata, altri Programmi Speciali.

Con  lo Speciale Palazzo Grassi,  viene presentato al pubblico il cortometraggio Temps mort del francese Mohamed Bourouissa, che sarà presentato all’imminente 54. Esposizione Internazionale d’Arte. Per realizzare il film, l’artista ha stabilito un sistema di scambio di mini-sequenze video, realizzate con telefonini e inviate per mms, con due detenuti. Ha chiesto delle testimonianze di vita quotidiana in carcere e invia loro in cambio immagini della vita esterna:  le vie di Parigi, una notte d’amore, paesaggi in riva al mare. Lontano da sensazionalismo o pathos, queste scene montate in sequenza rivelano una singolare poesia del reale.

Questa prima iniziativa congiunta tra Palazzo Grassi e Ca’ Foscari nell’ambito del video e del film d’arte è un modo di annunciare l’inizio di una collaborazione profonda tra queste due istituzioni, che vedrà il secondo appuntamento nei  giorni 27, 28 e 29 settembre 2011, con la presentazione , all’auditorium Santa Margherita, di film di artisti e incontri coi loro autori concepito sulla base delle opere della Collezione François Pinault. I primi ospiti di questo programma inedito saranno Shirin Neshat, Cyprien Gaillard e Johan Grimponprez.

 

L’Omaggio a Francesco Pasinetti, è stato introdotto dal regista e teorico del cinema Carlo Montanaro. In occasione del centenario della sua nascita (Venezia 1911- Roma 1949), il Ca’ Foscari Short Film Festival lo ricorda dedicandogli uno dei suoi programmi speciali.

Pasinetti è considerato l’ apripista della cinematografia italiana: fu il primo italiano a laurearsi in storia del cinema nel 1933 all’Università di Padova. Nel 1939 fu pubblicata la sua Storia del cinema dalle origini a oggi, prima opera del genere in Italia. Si distinse come giornalista cinematografico su numerose riviste, riscattando il grande schermo dalla nomea di “arte minore” affibiatagli da molti critici coevi. Fu anche regista e sceneggiatore: a partire dal ’34 diresse vari film dedicati alla natia Venezia (Il canale degli angeli, La Gondola, Piccioni a Venezia, Venezia minore) esceneggiò le pellicole I due misantropi, La Peccatrice, La locandiera. Dal 1946 fu direttore del centro sperimentale di Cinematografia di Roma. Morì nella Capitale tre anni dopo.

Per rendergli omaggio, è stato presentato il cortometraggio Torcello del 1947, diretto dai suoi allievi Antonio Marzari e Salvatore Danò.

Questo corto è stato scoperto dal regista e teorico del cinema Carlo Montanaro negli archivi della Cineteca Nazionale: si tratta di un formidabile documentario d’ arte che poggia su una fotografia superba e un testo vivace, e per queste ragioni porta in sé i tratti  del pathos neorealista del dopoguerra, soprattutto per l’ inconsueta scelta del soggetto. Nonostante il cortometraggio sia firmato da Antonio Marzari e Salvatore Danò la matrice è “pasinettinana”, e per questo motivo è stata scelta quest’ opera per omaggiarlo.

 

L’ultimo focus è puntato sul Programma Speciale RaroVideo, con la presentazione del  cortometraggio Tromba fredda, prodotto e diretto dal defunto genio multiforme Enzo Nasso:è lo spaccato di una stravagante giornata vissuta dal celebre trombettista Chet Baker nella periferia di Roma. Il film si allontana dal più scontato ritratto paragiornalistico o dal concerto del famoso musicista statunitense, per portare una ventata di originalità all’interno della storia del cinema jazz nonché all’intero dei generi e sottogeneri del cinema musicale. Dopo una confusa notte d’amore e di alcool, Baker si sveglia e suona impietosamente la tromba alla ragazza dormiente. Ondivago, passeggia dal centro alla periferia di Roma, come fanno le note, nell’intreccio delle melodie jazz. Incontri bizzarri uniti ad atmosfere decadenti e lunari rappresentano la cornice di una condizione “estrema” e felliniana, congiunzione di eccentricità diverse, espresse a partire dal corpo, dal volto e dalla tromba di uno dei musicisti più lirici della storia del jazz.

VENEZIA, 29 MAGGIO. La terza giornata del Ca’ Foscari Short Film Festival ha regalato a tutti i presenti in Auditorium Santa Margherita ancora molte suggestioni e momenti di bel cinema.

A cominciare dai cortometraggi del Concorso Internazionale.

In Winter, della francese Tessa Joosse,  un uomo cammina per le strade vuote di una città dall’aria decadente. I suoi pensieri sono talmente forti e intensi da portarlo a urlare e cantare ad alta voce, pur di fermarli. In una città che si distorce, la sua voce troverà un coro e, con esso, un messaggio di speranza.

Dreaming Girl, del duo cinese River Huang e Zhong Zuyao, è la storia di una ragazza sonnambula, guidata nelle sue passeggiate notturne dal proprio psichiatra, che riprende con una telecamera le reazioni della gente alla sua patologia.

Con Des Murs, della coreana Hayoun Kwon, si assiste a un viaggio personale nei ricordi della storia di due paesi: il Giappone e la Corea, durante il periodo di occupazione di quest’ultima tra il 1910 e il 1945. Il racconto si snoda soprattutto nella prigione Seodaemun che una volta veniva usata per detenere gli attivisti che si ribellavano al regime giapponese e ora è stata trasformata in un museo. La protagonista, un’ artista coreana, ritornata al suo paese, confronta il cambiamento avvenuto su quel muro ricoperto di storia.

Little/boy, del giapponese Kudō Wataru, è la storia dell’amicizia tra il piccolo Kotarō e Sachi, la ragazza del suo allenatore di baseball. Dopo un’iniziale diffidenza, i due imparano a conoscersi e piacersi, in un legame speciale fra un bambino e una giovane donna.

Shangri la, del francese Alexandre Maubert, è, secondo la mitologia Buddista, una terra mistica, uno spazio che appartiene al mondo terreno ma che allo stesso tempo non può essere collocato su una cartina. È a questa terra mistica che si stanno ispirando i designer della città di New Songdo, tecnologica e insieme sostenibile grazie all’ecologia?

In Jagjeet, dell’indiano Kavanjit Singh, la storia si svolge principalmente intorno a due amici, Jagjeet appunto e Kuldeep e a tre giorni fondamentali delle loro vite. Il primo giorno riguarda il passato, la loro forte amicizia in un periodo felice, il secondo descrive la sommossa di Delhi nel 1984 nella quale uno dei due amici viene ucciso; il terzo e ultimo giorno è ambientato una settimana dopo la rivolta.

Viki Ficki,dell’italo-ceca Natalie Spinell. È la storia della giovane Viki, ragazzina che affronta la sfida di presentare ai suoi compagni di classe il lavoro che fa la madre,  attrice in filmetti porno.

Left Hook, del singaporiano Muhammad Salihin bin Ramli, racconta di  Sonya, ragazza che, per scappare dai soprusi del padre alcolizzato, si dedica anima e corpo al pugilato.

19° Sur, 65° Oeste, dell’armeno Juan David Taborda Soto è un viaggio di ricongiungimento.

Calice ha lasciato la Colombia più di venti anni fa per motivi politici e ora  vorrebbe tornare, ma non può. I suoi figli, invece, si sono fatti una vita  in Uruguay. Sarà il figlio Juan a cercarlo ed a riuscire  a riportarlo nella sua  Colombia.

 

La prima edizione del Ca’ Foscari Short Film Festival può contare su una giuria internazionale, in linea con l’aspetto cosmopolita dell’evento e dei corti in concorso.

Ai giurati ( Valerio Mastandrea,Mario Handler,Theo Eshetu ) è stato dedicato un programma speciale:Jury Members as Filmakers, con la presentazione di cortometraggi da loro realizzati.

Trevirgolaottantasette, è l’esordio alla regia per Valerio Mastrandrea, che si aggiudica con quest’opera il Nastro D’Argento. Il documentario affronta la tematica delle morti bianche.

Mastandrea racconta una giornata come tante in un cantiere romano, che diventerà teatro di una tragedia evitabile che costerà la vita a qualcuno. Basta un attimo di distrazione, infatti, a cambiare il corso degli eventi. Andrea, il protagonista, vede uno dei tubi, non fissato per bene durante il montaggio, staccarsi dall’impalcatura e cadergli addosso. Lo osserva esterrefatto mentre intorno a lui tutto subisce un repentino mutamento. Si scatena una festa, la musica esplode ad alto volume e le luci catturano lo sguardo, camerieri indaffarati si inseguono e una ragazza bellissima gli si avvicina e lo invita a ballare. Ma è solo un’allucinazione: Andrea è a terra, moribondo e intorno a lui c’è una dottoressa che, con l’aiuto di due infermieri, sta cercando in ogni modo di salvargli la vita. E 3,87, come spiega una didascalia, è la media delle persone che ogni giorno in Italia muoiono in seguito a un incidente sul lavoro.

Lightning Strikes, di Theo Eshetu è un video sulla storia dell’obelisco di Axum.

Se i monumenti hanno la caratteristica di fissare nel tempo un dato evento, di avere un valore simbolico congelato nei secoli, un’eccezione deve essere fatta per l’obelisco di Axum, probabilmente l’unico monumento al mondo che si è trasformato col passare degli anni. Creato nel 4°secolo A.C come simbolo pagano, divenne poi simbolo per la monarchia dell’antico regno di Axum e in seguito adottato dalla chiesa Copta, la stessa che trasformò Axum nella capitale religiosa dell’Etiopia. Nel 1934 il monumento fu trasportato a Roma come trofeo di guerra e montato di fronte al Ministero delle Colonie, che dopo la guerra sarebbe diventato la sede centrale della FAO, trasformandolo, così, in un simbolo per la lotta alla fame nel mondo. Dopo anni di delicati e controversi dibattiti per la sua restituzione fu dichiarato troppo fragile per lo smontaggio e il rimpatrio.  Solo quando fu colpito da un fulmine, fu finalmente presa la decisione di riportarlo in Etiopia, dove è soprannominato l’obelisco di Roma e simboleggia l’inizio di una nuova era dopo il post-colonialismo.

Secondo il regista,  la stele “nasce come simbolo fallico pre-cristiano, emblema del potere.  In seguito alla diffusione del cristianesimo diventa un simbolo religioso, nonché simbolo del Paese. Durante la colonizzazione italiana, la stele viene trafugata, e portata in Italia come trofeo di guerra, a significare la conquista e sottomissione del popolo etiope.  Il difficile processo di restituzione all’Etiopia simboleggiò la fine dell’era post-coloniale”.

Nel lavoro di Eshetu si incontrano l’esperienza del video-artista,  tra musei e  gallerie d’arte, e la produzione di documentari per la televisione, con uno stile visivo particolare e unico, in cui manipola il linguaggio televisivo come forma di espressione artistica e unisce una ricerca formale sui nuovi linguaggi del cinema elettronico. I temi e gli argomenti sono tratti dall’antropologia e dalla semiotica per creare un commento personale sulla natura espressiva del video e sull’impatto che ha avuto e ha nella cultura contemporanea. In merito alla problematica delle relazioni interculturali, afferma che in Italia quello dell’integrazione culturale è un problema ancora “nuovo” in confronto agli altri paesi europei. Il regista è orgogliosissimo della sua multiculturalità ( è nato a Londra da madre olandese e padre etiope , dal 1982 vive a Roma)  ed è proprio attorno a questo argomento che ruota la sua poetica artistica.

A chi sta cominciando a fare cinema, come i giovanissimi registi delle scuole di cinema di tutto il mondo presenti al Ca’ Foscari Short Film Festival, Eshetu consiglia di non ascoltare nessuno, e di scegliersi una guida fra le persone che più si stimano.

E in merito ai cortometraggi in concorso, pone l’accento sulla qualità delle opere presentate, segno che probabilmente il livello qualitativo delle scuole di cinema si stia alzando.

En Pragadi Mario Handler, è un documentario che l’artista realizza muovendosi per le vie di Praga con una telecamera tra le mani. Lo strumento indaga, persiste su dei particolari, si perde e si esalta, conferendo vitalità a questa sorta di vagabondaggio.

Il cineasta lavora al confine tra il documentario e la vita reale, da cui emerge una forte componente etica. Il corto è una testimonianza del suo soggiorno a Praga nel 1964, mentre si trovava in Cecoslovacchia per uno stage di sette mesi, presso la famosa scuola FAMU. Il film voleva documentare la sua esperienza nel paese, ma risultò essere scomodo. E’ stato presentato al Festival dei Popoli di Firenze, ma fu rifiutato. E’ un film poco conosciuto, ma vuole essere un esempio per i giovani, il messaggio che manda loro è quello di un’esortazione all’iniziativa.

I temi trattati dal regista sono spesso legati a tematiche sociali scottanti, quali la politica, l’emarginazione, la condizione della classe operaia, e del popolo uruguaiano.

 

In conclusione di giornata, altri Programmi Speciali.

Con  lo Speciale Palazzo Grassi,  viene presentato al pubblico il cortometraggio Temps mort del francese Mohamed Bourouissa, che sarà presentato all’imminente 54. Esposizione Internazionale d’Arte. Per realizzare il film, l’artista ha stabilito un sistema di scambio di mini-sequenze video, realizzate con telefonini e inviate per mms, con due detenuti. Ha chiesto delle testimonianze di vita quotidiana in carcere e invia loro in cambio immagini della vita esterna:  le vie di Parigi, una notte d’amore, paesaggi in riva al mare. Lontano da sensazionalismo o pathos, queste scene montate in sequenza rivelano una singolare poesia del reale.

Questa prima iniziativa congiunta tra Palazzo Grassi e Ca’ Foscari nell’ambito del video e del film d’arte è un modo di annunciare l’inizio di una collaborazione profonda tra queste due istituzioni, che vedrà il secondo appuntamento nei  giorni 27, 28 e 29 settembre 2011, con la presentazione , all’auditorium Santa Margherita, di film di artisti e incontri coi loro autori concepito sulla base delle opere della Collezione François Pinault. I primi ospiti di questo programma inedito saranno Shirin Neshat, Cyprien Gaillard e Johan Grimponprez.

 

L’Omaggio a Francesco Pasinetti, è stato introdotto dal regista e teorico del cinema Carlo Montanaro. In occasione del centenario della sua nascita (Venezia 1911- Roma 1949), il Ca’ Foscari Short Film Festival lo ricorda dedicandogli uno dei suoi programmi speciali.

Pasinetti è considerato l’ apripista della cinematografia italiana: fu il primo italiano a laurearsi in storia del cinema nel 1933 all’Università di Padova. Nel 1939 fu pubblicata la sua Storia del cinema dalle origini a oggi, prima opera del genere in Italia. Si distinse come giornalista cinematografico su numerose riviste, riscattando il grande schermo dalla nomea di “arte minore” affibiatagli da molti critici coevi. Fu anche regista e sceneggiatore: a partire dal ’34 diresse vari film dedicati alla natia Venezia (Il canale degli angeli, La Gondola, Piccioni a Venezia, Venezia minore) esceneggiò le pellicole I due misantropi, La Peccatrice, La locandiera. Dal 1946 fu direttore del centro sperimentale di Cinematografia di Roma. Morì nella Capitale tre anni dopo.

Per rendergli omaggio, è stato presentato il cortometraggio Torcello del 1947, diretto dai suoi allievi Antonio Marzari e Salvatore Danò.

Questo corto è stato scoperto dal regista e teorico del cinema Carlo Montanaro negli archivi della Cineteca Nazionale: si tratta di un formidabile documentario d’ arte che poggia su una fotografia superba e un testo vivace, e per queste ragioni porta in sé i tratti  del pathos neorealista del dopoguerra, soprattutto per l’ inconsueta scelta del soggetto. Nonostante il cortometraggio sia firmato da Antonio Marzari e Salvatore Danò la matrice è “pasinettinana”, e per questo motivo è stata scelta quest’ opera per omaggiarlo.

 

L’ultimo focus è puntato sul Programma Speciale RaroVideo, con la presentazione del  cortometraggio Tromba fredda, prodotto e diretto dal defunto genio multiforme Enzo Nasso:è lo spaccato di una stravagante giornata vissuta dal celebre trombettista Chet Baker nella periferia di Roma. Il film si allontana dal più scontato ritratto paragiornalistico o dal concerto del famoso musicista statunitense, per portare una ventata di originalità all’interno della storia del cinema jazz nonché all’intero dei generi e sottogeneri del cinema musicale. Dopo una confusa notte d’amore e di alcool, Baker si sveglia e suona impietosamente la tromba alla ragazza dormiente. Ondivago, passeggia dal centro alla periferia di Roma, come fanno le note, nell’intreccio delle melodie jazz. Incontri bizzarri uniti ad atmosfere decadenti e lunari rappresentano la cornice di una condizione “estrema” e felliniana, congiunzione di eccentricità diverse, espresse a partire dal corpo, dal volto e dalla tromba di uno dei musicisti più lirici della storia del jazz.

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