Notizie dal Festival


Comunicato stampa sui film tunisini in concorso


Ca’Foscari Short Film Festival – I° edizione
L’AFRICA RIBELLE AL CA’ FOSCARI SHORT FILM FESTIVAL COL CHAOS TUNISINO. CON UN OMAGGIO A FACEBOOK


Ca’Foscari Short Film Festival – I° edizione
L’AFRICA RIBELLE AL CA’ FOSCARI SHORT FILM FESTIVAL COL CHAOS TUNISINO. CON UN OMAGGIO A FACEBOOK

VENEZIA, 29 MAGGIO. Numerose sono oggi le scuole di cinema nelle quali  non s’insegna solo la storia del cinema finora concepita, ma anche la cultura del momento, con le sue tensioni transartistiche e transculturali. Registi prestigiosi o, comunque figure note per il loro impegno, sono l’anima di progetti innovativi, anche in aree geografiche “periferiche”. La scuola tunisina, per esempio, è incentrata sulla figura del cineasta Nouri Bouzid e propone, all’interno del programma del Ca’ Foscari Short Film Festival – che si conclude stasera con la cerimonia di premiazione dopo le valutazioni dei giurati internazionali Valerio Mastandrea, Mario Handler, Theo Eshetu – alcuni corti girati nei giorni della “primavera” rivoluzionaria: Confessions tunisiennes di Imen Ben Mlouka, Chaos di Zekri Achref, Signé kalloutcha di Haythem Khemir. La primavera di resistenza araba, dunque, ora diventa cinema. E la rivoluzione tunisina sbarca nella città lagunare.

Confessions tunisiennes, di Imen Ben Mlouka, porta sullo schermo la confessione di alcuni tunisini dopo la rivoluzione del 14 gennaio (data che segna la caduta del regime di Ben Alì). Ma perchè dopo questa rivoluzione, alcune persone si sentono così male?

La giovane regista sottolinea che  l’idea è partita dal suo professore Nouri Bouzid che ha invitato i suoi allievi a girare una serie di cortometraggi sull’argomento. Imen ha sfruttato l’occasione fortuita di un incontro con un carismatico uomo di teatro per creare il suo cortometraggio.  Con stile documentaristico Confessions tunisiennes consegna messaggi forti e in pochi minuti pone l’accento sulle speranze di un Paese che non ha mai conosciuto la vera democrazia.Ma l’autrice precisa: “amo sognare e voglio che tutti comprendano quello che ho da dire. Preferisco un linguaggio internazionale quindi parlo per temi e non per paesi”.

Nel cortometraggio diretto da Zekri Achref, Chaos, videocamere di sicurezza, video amatoriali e voci di uomini e donne ritraggono una Tunisia danneggiata, materialmente ed economicamente, ma comunque unita nell’abbattimento del regime di Ben Ali. L’idea del corto-documentario, spiega Achref è partita proprio in seguito agli avvenimenti riguardanti le rivolte del 14 gennaio in Tunisia; il ragazzo era per strada a riprendere con la sua telecamera quello che stava accadendo al suo Paese. Per la realizzazione del suo progetto, lo studente/regista si è giovato dell’aiuto e della collaborazione del suo professore francese, Xavier Liebard. Il terminechaos, che diverrà il titolo del suo cortometraggio, è il filo conduttore, l’elemento caratterizzante, delle rivolte in Tunisia. Difatti, a partire dalle riprese di un episodio di saccheggio in un supermercato, e via via in un crescendo di situazioni ed eventi, a regnare sovrano è proprio il “chaos”.

Le riprese sono state problematiche per diversi motivi: se da un lato, infatti, in Tunisia non c’è l’assoluta libertà di riprendere senza autorizzazioni, è stata proprio la confusione, la mancanza di una polizia, che gli hanno permesso di filmare ciò che stava accadendo. Inoltre, Achref definisce il quartiere che ha fatto da sfondo alle riprese come “bollente”: se alcuni scendevano per strada per aiutare i manifestanti a continuare la rivoluzione, molti altri, invece, hanno tristemente approfittato della situazione per saccheggiare e “far festa”.

La fonte di alcuni dei suoi video è stata un social network: infatti inizialmente la gente non era a conoscenza dei primi moti della rivoluzione ed è grazie a Facebook che i giovani, comunicando e condividendo video amatoriali, hanno potuto capire la reale entità di ciò che stava succedendo. Achref mette proprio Facebook al primo posto nei ringraziamenti dei titoli di coda: questo network di idee e impressioni è stato il vero protagonista non solo del suo corto ma della rivoluzione in generale.

Signé Kalloutcha, realizzato da Haythem Khemir, porta sullo schermo la storia di Sofiene Bel Hadj, studente tunisino di scienze politiche e cyber-dissidente, che decide di impegnarsi in una campagna di sensibilizzazione e informazione in merito alla situazione “rivoluzionaria” in Tunisia, attraverso l’utilizzo dei social network, e di Facebook in particolare.

Per perseguire il suo obiettivo, Sofiene crea un suo alter ego su Facebook dal nome Hammadi Kalloutcha.

Due sono i grandi eventi che hanno portato alla creazione del profilo Hammadi Kalloutcha.

Il primo è la morte del pionieristico cyber-dissidenti Zouhair Yahyaoui, meglio conosciuto con il soprannome di Ettounsi. Zouhair Yahyaoui, dopo essere stato perseguitato e condannato dalla polizia tunisina, morì nel 2005 in seguito a 18 mesi di prigione e tre scioperi della fame.

Il secondo, ciò che è successo a Redeyef, la cittadina (situata nel governatorato di Gafsa), che nel 2008 è stata scenario di manifestazioni e scioperi indetti contro i tagli occupazionali, sfociati nel sangue. Centinaia di militanti e una decina di sindacalisti sono stati arrestati, tra cui Adnane Hajji, leader della protesta. La giornalista Zakiya Dhifaoui, per le sue proteste,,  è stata condannata a quattro mesi e mezzo di carcere.

Le sole informazioni disponibili sulla vicenda, spiega Sofiene, si trovavano unicamente su Facebook, così come i video diFahem Boukadous, giornalista e membro del Communist Workers Party of Tunisia, impegnato affinché tutto ciò che è stato ottenuto grazie alla rivoluzione non vada perso.

Il ruolo del cyber alter ego Hammadi Kalloutcha è cercare di “imporre” una fede negli ideali democratici tra la gente del suo paese.

Signé Kalloutchaoffre una testimonianza sul ruolo fondamentale che Facebook ha avuto nella diffusione della rivoluzione tunisina. Le risorse offerte dal social network hanno permesso a cyber-dissidenti come Hammadi Kalloutcha, di dare vita a una rivoluzione nella gestione e nella diffusione delle informazioni come mai prima.

 

Organizzazione

Prof.ssa Maria Roberta Novielli

Dorsoduro 3484/D

30123 Venezia

Telefono: 041 234 6254

Email: cafoscaricinema@unive.it

 

Ufficio Stampa

Studio Morabito

Via Amerigo Vespucci, 57  – 00153 Roma

Telefono: 06 573 00825

Email: info@mimmomorabito.it

 

Servizio Comunicazione e Relazioni con il Pubblico Ca’ Foscari

Dorsoduro 3246 – 30123 Venezia

Telefono: 041 234 8358

Fax: 041 234 8367

Email: comunica@unive.it

VENEZIA, 29 MAGGIO. Numerose sono oggi le scuole di cinema nelle quali  non s’insegna solo la storia del cinema finora concepita, ma anche la cultura del momento, con le sue tensioni transartistiche e transculturali. Registi prestigiosi o, comunque figure note per il loro impegno, sono l’anima di progetti innovativi, anche in aree geografiche “periferiche”. La scuola tunisina, per esempio, è incentrata sulla figura del cineasta Nouri Bouzid e propone, all’interno del programma del Ca’ Foscari Short Film Festival – che si conclude stasera con la cerimonia di premiazione dopo le valutazioni dei giurati internazionali Valerio Mastandrea, Mario Handler, Theo Eshetu – alcuni corti girati nei giorni della “primavera” rivoluzionaria: Confessions tunisiennes di Imen Ben Mlouka, Chaos di Zekri Achref, Signé kalloutcha di Haythem Khemir. La primavera di resistenza araba, dunque, ora diventa cinema. E la rivoluzione tunisina sbarca nella città lagunare.

Confessions tunisiennes, di Imen Ben Mlouka, porta sullo schermo la confessione di alcuni tunisini dopo la rivoluzione del 14 gennaio (data che segna la caduta del regime di Ben Alì). Ma perchè dopo questa rivoluzione, alcune persone si sentono così male?

La giovane regista sottolinea che  l’idea è partita dal suo professore Nouri Bouzid che ha invitato i suoi allievi a girare una serie di cortometraggi sull’argomento. Imen ha sfruttato l’occasione fortuita di un incontro con un carismatico uomo di teatro per creare il suo cortometraggio.  Con stile documentaristico Confessions tunisiennes consegna messaggi forti e in pochi minuti pone l’accento sulle speranze di un Paese che non ha mai conosciuto la vera democrazia.Ma l’autrice precisa: “amo sognare e voglio che tutti comprendano quello che ho da dire. Preferisco un linguaggio internazionale quindi parlo per temi e non per paesi”.

Nel cortometraggio diretto da Zekri Achref, Chaos, videocamere di sicurezza, video amatoriali e voci di uomini e donne ritraggono una Tunisia danneggiata, materialmente ed economicamente, ma comunque unita nell’abbattimento del regime di Ben Ali. L’idea del corto-documentario, spiega Achref è partita proprio in seguito agli avvenimenti riguardanti le rivolte del 14 gennaio in Tunisia; il ragazzo era per strada a riprendere con la sua telecamera quello che stava accadendo al suo Paese. Per la realizzazione del suo progetto, lo studente/regista si è giovato dell’aiuto e della collaborazione del suo professore francese, Xavier Liebard. Il terminechaos, che diverrà il titolo del suo cortometraggio, è il filo conduttore, l’elemento caratterizzante, delle rivolte in Tunisia. Difatti, a partire dalle riprese di un episodio di saccheggio in un supermercato, e via via in un crescendo di situazioni ed eventi, a regnare sovrano è proprio il “chaos”.

Le riprese sono state problematiche per diversi motivi: se da un lato, infatti, in Tunisia non c’è l’assoluta libertà di riprendere senza autorizzazioni, è stata proprio la confusione, la mancanza di una polizia, che gli hanno permesso di filmare ciò che stava accadendo. Inoltre, Achref definisce il quartiere che ha fatto da sfondo alle riprese come “bollente”: se alcuni scendevano per strada per aiutare i manifestanti a continuare la rivoluzione, molti altri, invece, hanno tristemente approfittato della situazione per saccheggiare e “far festa”.

La fonte di alcuni dei suoi video è stata un social network: infatti inizialmente la gente non era a conoscenza dei primi moti della rivoluzione ed è grazie a Facebook che i giovani, comunicando e condividendo video amatoriali, hanno potuto capire la reale entità di ciò che stava succedendo. Achref mette proprio Facebook al primo posto nei ringraziamenti dei titoli di coda: questo network di idee e impressioni è stato il vero protagonista non solo del suo corto ma della rivoluzione in generale.

Signé Kalloutcha, realizzato da Haythem Khemir, porta sullo schermo la storia di Sofiene Bel Hadj, studente tunisino di scienze politiche e cyber-dissidente, che decide di impegnarsi in una campagna di sensibilizzazione e informazione in merito alla situazione “rivoluzionaria” in Tunisia, attraverso l’utilizzo dei social network, e di Facebook in particolare.

Per perseguire il suo obiettivo, Sofiene crea un suo alter ego su Facebook dal nome Hammadi Kalloutcha.

Due sono i grandi eventi che hanno portato alla creazione del profilo Hammadi Kalloutcha.

Il primo è la morte del pionieristico cyber-dissidenti Zouhair Yahyaoui, meglio conosciuto con il soprannome di Ettounsi. Zouhair Yahyaoui, dopo essere stato perseguitato e condannato dalla polizia tunisina, morì nel 2005 in seguito a 18 mesi di prigione e tre scioperi della fame.

Il secondo, ciò che è successo a Redeyef, la cittadina (situata nel governatorato di Gafsa), che nel 2008 è stata scenario di manifestazioni e scioperi indetti contro i tagli occupazionali, sfociati nel sangue. Centinaia di militanti e una decina di sindacalisti sono stati arrestati, tra cui Adnane Hajji, leader della protesta. La giornalista Zakiya Dhifaoui, per le sue proteste,,  è stata condannata a quattro mesi e mezzo di carcere.

Le sole informazioni disponibili sulla vicenda, spiega Sofiene, si trovavano unicamente su Facebook, così come i video diFahem Boukadous, giornalista e membro del Communist Workers Party of Tunisia, impegnato affinché tutto ciò che è stato ottenuto grazie alla rivoluzione non vada perso.

Il ruolo del cyber alter ego Hammadi Kalloutcha è cercare di “imporre” una fede negli ideali democratici tra la gente del suo paese.

Signé Kalloutchaoffre una testimonianza sul ruolo fondamentale che Facebook ha avuto nella diffusione della rivoluzione tunisina. Le risorse offerte dal social network hanno permesso a cyber-dissidenti come Hammadi Kalloutcha, di dare vita a una rivoluzione nella gestione e nella diffusione delle informazioni come mai prima.

 

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