Notizie dal Festival


Del mestiere del Poeta, dell’Attore e della Giornalista

L’INCONTRO CON LA GIURIA DEL CONCORSO INTERNAZIONALE 

 

 

 

 

 

L’incontro con la Giuria della terza edizione del Ca’ Foscari Short Film Festival (composta  quest’anno dalla giornalista e critica cinematografica Piera Detassis, dal poeta coreano Ko Un e dall’attore Giulio Scarpati), affiancata dalla Delegata generale del festival Roberta Novielli, ha visto l’appassionata partecipazione di un pubblico per lo più giovane che ha approfittato dell’occasione per conversare e confrontarsi con i giurati su temi di attualità. L’evento è stata anche una preziosa occasione per poter avere uno sguardo privilegiato sul cinema a 360°: da quello di un raffinato e illustre appassionato, passando dal punto di vista critico e organizzativo per arrivare a quello più interno degli interpreti.

Piera Detassis, incalzata dalle domande di Roberta Novielli e da quelle del pubblico, ha raccontato la sua esperienza come giornalista e direttrice dell’importante rivista Ciak, facendo particolare riferimento alla trasformazione che le nuove tecnologie stanno imponendo alla “cara vecchia carta”, prevedendo per il futuro una tendenza alla specializzazione della Stampa, che dovrà lasciare al Web, medium più immediato, la circolazione e la diffusione delle notizie. Sempre a proposito di Web, percepito inizialmente come rivoluzione pericolosa per le tradizionali forme di comunicazione, Detassis ha sottolineato come questa minaccia in realtà possa costituire un’opportunità da tenere in attenta considerazione, soprattutto per la creazione di piattaforme nuove, all’interno delle quali far circolare e valorizzare quei prodotti “invisibili” o “introvabili” proprio come il cortometraggio.

Ko Un con il suo personalissimo lirismo ha affrontato il tema antico della “Vita che imita l’Arte”, cogliendone forse l’aspetto più preoccupante e drammatico. Il poeta ha iniziato il suo intervento dichiarando il suo amore smisurato per il Cinema, da semplice apppassionato: “ amo il cinema, dipingo ma non mi posso definire un pittore, allo stesso modo amo il cinema, ma non sono un cinefilo di stretta osservanza, perché il cinema deve andare incontro a tutti”. Poi annuncia a sorpresa: “Da qui a cinque anni vorrei realizzare un film lunghissimo con mia figlia” e ha aggiunto “Per questo sono allo Short, per catturare frammenti della mia storia”. Il candidato al Nobel ha poi ricordato come il cinema sia una fabbrica di immagini che alimenta quell’Universo contemporaneo che proprio sulle immagini si fonda, diventando dimensione quotidiana in cui l’umanità è calata, sostituendosi di fatto al regno della Natura, che era una sorta cinema dei nostri  nostri antenati, la loro dimensione quotidiana. Il potere della suggestione che la rappresentazione cinematografica esercita sugli uomini è rintracciabile nella somiglianza che certi episodi della realtà, specialmente i più violenti e drammatici, hanno con una certa tradizione cinematografica. Un intervento che porta a riflettere su quanto l’esercizio dell’immaginazione di ciascuno stia lasciando il posto ad un automatismo “consumistico” di immagini e immaginari altrui; per questo il poeta ha voluto ribadire con forza la potenza salvifica dell’immaginazione, quell’immaginazione spontanea, oggi assopita, che serba in sé un potenziale sorprendente che stiamo perdendo.

Giulio Scarpati, dopo la proiezione del corto Ciao Amore di Luca D’Ascanio e il trailer del suo ultimo lavoro ( “Una breve vacanza” di Giovanni Meola), ha trasportato il pubblico nella dimensione attoriale del cinema, realtà che egli conosce molto bene, considerata soprattutto la sua lunga esperienza teatrale, arricchita negli ultimi anni dall’impegno didattico presso “Percorsi d’attore”, scuola di recitazione da lui diretta. Del mestiere dell’attore ha evidenziato l’aspetto terapeutico ed empatico: ogni esercizio di interpretazione di un ruolo permette all’attore di abbandonare la prospettiva del suo personale punto di vista per assumere la “posizione” di un altro, pratica che permette all’interprete di interrogarsi sulla propria identità ma che gli consente, come ha affermato lo stesso Scarpati, di “capire le ragioni degli altri”. Ma la chiave del ruolo dell’attore resta la comunicazione dell’atto; la funzione dell’attore sta nel tirare fuori l’esperienza fatta attraverso il proprio corpo e condividerla con il pubblico. Questo scambio a teatro avviene in modo più diretto, quasi istintivo e primordiale, mentre permane – secondo l’attore – l’erronea convinzione che sia una forma d’arte elitaria e “difficile”. La “questione scolastica”, l’educazione e l’abitudine alla fruizione delle Arti, viene vista come unica soluzione all’atteggiamento diffuso nel nostro Paese di ritenere la Cultura passatempo e impegno oneroso, invece che riconoscerla come patrimonio imprescindibile della nostra Storia, come tradizione da cui partire per interpretare la nostra epoca, leggendo il passato e proiettandoci verso il futuro.

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