Studiare da registi

I saggi accademici di Luigi Di Gianni, Liliana Cavani e Emidio Greco


Un programma speciale a cura di Fabio Francione

Il programma di “Studiare da regista: i saggi accademici di Luigi Di Gianni, Liliana Cavani e Emidio Greco” è stato suggerito dagli “Appunti sulla regia cinematografica” di Umberto Barbaro e Antonio Pietrangeli, scartafaccio a lungo inedito che nella sua “avvertenza” invitava i futuri registi “allo studio dei problemi del film e costituire uno stimolo per queste appassionate ricerche”. Redatto nel 1943, anno da più punti di vista cruciale per i destini del mondo, nondimeno per il cinema italiano – è l’anno di Ossessione di Luchino Visconti che convenzionalmente inaugura la stagione del neorealismo – conteneva nella sua più larga ingenuità alcuni dei suggerimenti che saranno accolti dagli studenti di regia del Centro Sperimentale di Cinematografia di cui Barbaro fu per un decennio circa insegnante e teorico attraverso l’incessante attività di traduttore, soprattutto degli scritti di Pudovkin e Ejzenštein, nonché fondatore con Alessandro Blasetti e Luigi Chiarini.

Nomi che oggi, forse, non dicono ai giovani molto, ma che furono protagonisti a lungo del cinema italiano. Blasetti, addirittura, inizio` la carriera nel periodo del muto e attraverso` tutti i periodi del cinema nazionale, spesso anticipandone temi e movimenti – telefoni bianchi e kolossal di propaganda di regime, neorealismo, e ancora la commedia virata nei colori piu` sofisticati, film d’inchiesta, ecc. – fino alle ultime prove televisive dei tardi anni ‘70. Mentre Chiarini rivolse le sue attenzioni, dopo un’iniziale e promettente attività registica, militando nelle file del calligrafismo degli anni ‘40, alle istituzioni cinematografiche andando a dirigere per tutti gli anni sessanta fino alla contestazione sessantottina la Mostra del Cinema di Venezia.Insomma, furono gli uomini che con la loro idea di cinema fondarono una delle migliori scuole di cinema del mondo. La loro intenzione fu quella che Lizzani con la sua proverbiale lucidità storica così mette a referto, citando però il solo Pietrangeli, di scovare: ”nuove energie…giovani che credono nel cinema come a una vocazione e che abbiano in sé il fermento di un mondo gia` chiaro da esprimere…che amino una realta` fuori da ogni stilismo convenzionale e da ogni retorica paesaggistica”. E tra i giovani che seppero ereditare quelle istanze, innanzitutto estetiche, furono nell’arco di dieci anni, press’a poco dalla metà degli anni cinquanta alla meta` del decennio successivo – ci furono Luigi Di Gianni, Liliana Cavani e Emidio Greco.

La scelta è caduta su di loro perché a differenza di altri colleghi, interpretarono alla lettera uno dei dettati capitali del duo Barbaro-Pietrangeli: “Il regista deve in sostanza organizzare il suo film non in base ad una sceneggiatura vera e propria, ma tutt’al piu` avendo, come punto di partenza, le linee generali della narrazione, un abbozzo di trattamento”. E da questo riuscirono, sin dalle loro prime prove, a stabilire una linea di condotta artistica coerente e talmente fedele a quelle lontane e embrionali idee che avrebbero fatto intravedere in un gioco prospettico storico rovesciato quali sarebbero stati gli sviluppi delle loro filmografie.

In rapida successione, rimandando alla bibliografia per gli approfondimenti del caso, per Luigi Di Gianni sarà il confronto serrato con i romanzi e i racconti di Kafka, anche nelle sue escursioni etnodocumentarie, teatrali e televisive (non a caso il prologo de Il processo del ‘78 sara` in tutto e per tutto un calco de L’arresto, la prova accademica del ‘54). Proprio la tv, la Rai, sarà il denominatore comune sia della Cavani sia di Greco. La prima inserendosi nella temperie autoriale dalla politica degli esordi, inventata dai produttori all’inizio degli anni sessanta, che la regista emiliana proseguira`, in modo discontinuo, su un doppio binario andando a realizzare, dopo le inchieste televisive girate contemporaneamente ai suoi saggi scolastici, Incontro di notte e il premiatissimo La battaglia, un cinema povero e francescano, aperto a rivisitazioni dei miti greci e indiani (il Francesco del ‘66, I cannibali, Milarepa), e un cinema, invece, che riuscirà a flirtare con le grandi produzioni europee e americane (Portiere di notte, Al di la` del bene e del male, La pelle). Un percorso, questo, che Greco è sembrato scientemente evitare, preferendo sulla scorta di maestri come Godard e Rossellini, sperimentare le possibili aperture letterarie e drammaturgiche, soprattutto quelle suggerite da Borges, in un testo filmico, lavorando per accumulo su materiali eterogenei e di diversa provenienza, partendo più della Cavani e di Di Gianni dallo spirito contestatario degli anni sessanta. Quest’attitudine è esplicitata in Uno, due, tre nella passeggiata romana finale e gioiosa, contrappuntata dai Rolling Stones, di Delia Boccardo, altra allieva del Centro Sperimentale che avrà una carriera non banale di attrice, cio` che per lo scanzonato e giullaresco Ninetto Davoli della Sequenza del fiore di Carta di Pier Pasolini, di soli tre anni dopo, sara` l’annuncio della fine di ogni illusione con le bombe e i colpi di mitraglia e di cannone che ne oscurano la corsa nelle vie della Capitale.

Fabio Francione

L’ARRESTO
Diretto da: Luigi Di Gianni
Italia / 1954 / 30’
Il corto racconta il prologo de Il processo di Kafka in cui il protagonista, Joseph K., viene provvisoriamente rilasciato dopo il primo interrogatorio, inconscio di essere seguito da due agenti di polizia.

INCONTRO DI NOTTE
Diretto da: Liliana Cavani
Italia / 1961 / 10’
Questo frammento di vita notturna in bianco e nero, coinvolge una coppia sposata e un musiciste. L’ intreccio sottile e avvincente, che si viene a formare tra i personaggi, sembra annunciare nuovi avvenimenti ma tutto è lasciato all’immaginazione dello spettatore.

LA BATTAGLIA
Diretto da: Liliana Cavani
Italia / 1961 / 30’
Un gruppo di giovani si riunisce in riva ad un lago, dove ben presto affioreranno tensioni e rivalità che nascondono ferite profonde. Ancora una volta al centro della scena due uomini intorno a una donna, e il diverso, l’uomo nero, che osa  vivere come un bianco, occupandone gli spazi ed usurpandone il ruolo.

UNO DUE E TRE
Diretto da: Emidio Greco
Italia / 1966 / 27’
L’etica borghesiana incontra quella di un giovane Emidio Greco in Uno, due e tre, in unménage à trois tra la protagonista e i suoi due contendenti. Alternando in sequenza ritratti d’interni e passando dalla camera dell’uno a quella dell’altro, si gioca la partita della seduzione, ma il possesso concupito, che ne dovrebbe essere la posta in palio, non è possibile, se non con la complice volontà dell’oggetto posseduto, in realtà arbitro e il legislatore della contesa.

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