Lo Short incontra Faraz Arif Ansari

Un programma a cura di Cecilia Cossio


Fa bene cominciare con una nota positiva, come la decisione nel 2014 della corte suprema indiana di dare ai transgender il riconoscimento di “terzo genere”. Invece, la definitiva depenalizzazione di un tristo retaggio britannico, la sezione 377 del codice penale, il crimine “contro l’ordine di natura”, l’omosessualità insomma, deve aspettare fino al 2018.  In tali conquiste l’opera degli attivisti per i diritti di LGBTQ ha avuto un ruolo importante, ma la vita di quanti hanno un orientamento diverso da quella che viene considerata la Norma resta molto difficile. Il cinema – mainstream o parallelo – non ha completamente ignorato questo tema, anche se fino agli anni 80 non è stato al centro della narrazione. Ma a partire dagli anni 90 alcuni registi affrontano direttamente l’argomento, come Deepa Mehta con Fire (1996), Amol Palekar con Dayra. The Square Circle (1996), Onir con My Brother… Nikhil, 2005), Hansal Mehta con Aligarh (2015).  Di grande rilevanza è il ruolo di attivisti/registi come Sridhar Rangayan, tra i fondatori nel 1994 di The Humsafar Trust, prima OGN dedicata alla comunità LGBTQ, sviluppatasi da “Bombay Dost” (1990), prima rivista rivolta anche questa alla comunità e fondata da Ashok Row Kavi. Nel 1910 Sridhar Rangayan ha anche fondato il Kashish Mumbai International Queer Festival, che è diventato un evento importante e ha contribuito a dare voce a chi troppo spesso non ce l’ha. Tuttavia, benché il festival ospiti cineasti LGBTQ e film internazionali che raccontano vite, momenti e  difficoltà di queste “minoranze”, non di meno restano troppo spesso – in India e altrove – opere ed eventi di nicchia, rivolti principalmente alla comunità di riferimento.

Proprio contro questa condizione di marginalità si muove Faraz Arif Ansari che, pur avendo vissuto fin da ragazzino momenti di difficoltà in una società intollerante con chi è “diverso”, si è sempre sentito a proprio agio nella sua pelle.  Nato a Bombay nel1986, inizia gli studi nella sua città e li prosegue negli Stati Uniti, per poi tornare in patria, dove – come dice lui stesso – c’era molto lavoro da fare. E fare cinema era una decisione che aveva preso da bambino, quando intratteneva i familiari con piccoli spettacoli teatral-musicali. Perché, come il teatro,  il cinema è – anche – uno strumento di educazione e di lotta sociale e politica.

Faraz si muove su entrambi i fronti. Dal 2009 al 2011, come volontario di Aseema Charitable Trust, usa il teatro come forma educativa per i bambini degli slum, mentre nel 2016 è tra i membri fondatori di Gift a Meal-India, per il sostegno dei bambini di strada e dei loro genitori. Sempre nel 2009 comincia a lavorare nell’ambiente cinematografico con varie mansioni – scrittore, sceneggiatore, aiuto regista, coreografo – presso Amole Gupta Cinema e, in seguito, con  Dharma Productions e con Zee Television. Nel 2018 dirige, produce e scrive dialoghi e sceneggiature per la serie Dulha Wanted (Cercasi marito) per iDiva, e tra il 2019 e il 2021 dirige alcuni episodi della serie Netflix The Big Day.

Nel frattempo ha già realizzato tre cortometraggi: Siberia (2015), Sisak (Singulto, 2017) e Sheer Qorma (Latte e datteri, 2021). Una donna ossessionata da un grosso ratto, una “meditazione su un amore non detto e proibito”, una madre musulmana davanti alla relazione della figlia con una donna: questi in breve i soggetti dei tre corti, che presentiamo in questa edizione.

A parte Siberia, che abita lo spazio tra conscio e subconscio ed è dedicato alla cagnolino Laika, gli altri due hanno un tema comune, che sta a cuore al regista e lo coinvolge anche individualmente: una relazione proibita in molte culture e paesi. Con il sostegno finanziario di un centinaio di persone che credono in lui, Faraz riesce a realizzare Sisak, un corto che che affronta la difficoltà per due persone dello stesso sesso di stabilire in India senza timore una relazione. Benché molto apprezzato in vari festival, dove ha collezionato numerosi premi, resta ancora di nicchia. Poi, un’affermazione maggiore con Sheer Qorma, dovuta anche alla grande presenza nel ruolo della madre di Shabana Azmi, icona del cinema indiano, venuta alla ribalta nel 1973 con Ankur (Il germoglio), diretto da Shyam Benegal, grande anche come scopritore di talenti.

Questo risultato consolida l’intenzione di Faraz di continuare ad affrontare il tema della “diversità”  ma uscendo dal margine per arrivare al centro della scena. Il suo sogno è un nuovo Taare zameen par (Stelle sulla terra), il grande successo del 2007 su un bambino dislessico. Non sembrava un soggetto attraente, ma l’impegno di una celebrità come Aamir Khan, regista e produttore del film, nonché presente nel ruolo dell’insegnante che comprende la difficoltà del bambino, ha fatto la differenza. Faraz vorrebbe realizzare un queer Taare zameen par narrando la storia di un bambino “diverso” e ritiene di poter riuscire nell’intento se una grande figura cinematografica accettasse di essere parte del cast, come nel caso di Sheer Qorma. Ciò non significa che la cosiddetta “diversità” sia l’unico interesse di Faraz Arif Ansari. Anzi, attualmente è impegnato in diversi e diversificati progetti, tra cui anche un film di fantascienza. Tuttavia il pieno riconoscimento della diversità dovrebbe essere una tematica centrale per una società e una cultura che intendano essere realmente inclusive e democratiche.

Programma delle opere proposte:

SIBERIA (2015, 16′, inglese)
Una giovane donna moderna, che vive in un bell’appartamento in città, è ossessionata dalla presenza di un grosso ratto, che lei tenta disperatamente di snidare e uccidere. Ma il ratto esiste realmente o è una creazione del suo fragile stato mentale?

SISAK (Sobbing, 2017, 16′, nessun dialogo)
Definito il primo queer film muto, Sisak si apre con un verso di T.S. Eliot, “The word within a word, unable to speak a word”  ed è dedicato a tutte le storie d’amore mute, non dette, come si legge subito dopo. Due uomini prendono sempre lo stesso treno locale per tornare a casa. Tra loro nasce qualcosa, ma tutto rimane nei loro occhi, silenziosi come le voci di tanti “diversi”.

SHEER QORMA (Milk and dates, 2021, 32′, hindi/inglese)
Dopo dieci anni Saira torna in India dall’estero dove vive con la compagna Sitara. Sua madre, pur non essendo una donna bigotta o di mentalità ristretta, non riesce ad accettare una relazione moralmente e socialmente condannata dall’Islam. Ma l’amore  non è un peccato – è il leitmotiv del film – e può superare anche le convenzioni più radicate.

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